Domani primo giorno per precompilare la domanda, poi il clik-day tra una settimana. Gli aiuti destinati a sostenere il costo del personale da aprile a settembre possono contare su un plafond complessivo di 80 milioni di euro. Ecco chi può accedere e come
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La Regione raddoppia, e dopo i 40 milioni di euro messi sul piatto del bando Riparti Calabria, arrivano gli 80 milioni del bando Calabria Lavoro, finalizzato a sostenere le piccole e medie imprese nel pagamento dei salari ai propri dipendenti.
Una settimana per preparare la domanda poi il click-day
L’appuntamento è fissato per domani, lunedì 22 giugno, quando dalle 10 sarà possibile accedere alla piattaforma di Fincalabra Spa (società in house della Regione) per precompilare la domanda per accedere agli aiuti. Questa prima fase si concluderà il 29 giugno alle 18. Ma il vero click-day si consumerà il giorno successivo, il 30 giugno, quando dalle 10 alle 18 sarà possibile inoltrare l’istanza precompilata nella settimana precedente. Cliccare per primi sarà fondamentale, perché gli aiuti saranno erogati fino ad esaurimento dei fondi, dando quindi priorità all’ordine cronologico delle domande.
I beneficiari
Con questo bando, la Cittadella “intende sostenere – come si legge nell’avviso pubblico - i costi del lavoro aziendale delle imprese operanti in Calabria mediante l’erogazione di un contributo a fondo perduto per il pagamento dei salari dei dipendenti delle Pmi il cui fatturato, relativo all’anno 2019, sia stato superiore a 80mila euro”. Restano comunque escluse dal beneficio le imprese che hanno già fatto domanda per il contributo a fondo perduto previsto dal bando Riparti Calabria, che ha messo sul piatto 40milioni di euro per una tantum di 2mila euro come sostegno alla liquidità delle aziende più piccole, quelle con un fatturato compreso tra i 5mila e i 150mila euro
Quanto si può incassare
L’aiuto è concesso per 4 mesi, a decorrere da aprile 2020 e non oltre il 30 settembre 2020. Il calcolo del contributo concedibile viene effettuato tenendo conto del numero medio Unità lavorative annue (Ula), un parametro solitamente utilizzato per standardizzare il numero di ore e giornate lavorative in una specifica attività.
Il bando consente di coprire fino al 60 per cento dei costi salariali sostenuti dall’impresa richiedente nei quattro mesi presi in considerazione. La dotazione complessiva è ripartita per classi di Ula e la dotazione finanziaria della classe costituisce il limite massimo per la concessione degli aiuti alle imprese che, in base al numero degli Ula, si collocano nella stessa classe.
In soldoni...
In altre parole, fermo restando il tetto del 60 per cento dei costi salariali, un’impresa con una sola Unità lavorativa annua, potrà contare su un contributo massimo di 2.500 euro; da 2 a 5 Ula, 5mila euro; da 6 a 9 Ula, 9mila euro; da 10 a 19 Ula, 12mila euro; infine, oltre le 20 Unità lavorative annue, il contributo massimo concedibile sarà di 15mila euro.
I paletti previsti: alcuni sono insormontabili
Molti, comunque, i paletti previsti dal bando, che rischiano di limitare notevolmente la fruizione degli aiuti. L’ostacolo più arduo da superare riguarda l’impegno, che deve assumere l’azienda richiedente, a mantenere per almeno 8 mesi i livelli occupazionali in base ai quali ha chiesto l’aiuto, pena la revoca dello stesso. Una condizione difficile per tutte le imprese, ma praticamente impossibile per le imprese caratterizzate da un'attività stagionale, come quelle turistiche, che di certo non potranno mantenere gli stessi livelli occupazionali a stagione finita. Eppure, chi vuole partecipare al bando dovrà autocertificare di “possedere la capacità economico-finanziaria, operativa ed amministrativa in relazione al progetto da realizzare”.
Il dilemma dei codici Ateco
Poi rimane in piedi la barriera dei codici Ateco, visto che il bando regionale ammette al contributo soltanto le aziende che durante il lockdown sono state chiuse per legge e non anche quelle che, pur potendo rimanere aperte, hanno visto comunque i fatturati crollare sotto la mancanza quasi totale di domanda. È il caso, ad esempio, dei fotografi, dei gommisti, dei meccanici, oppure degli "impiantisti" termine con il quale ci si riferisce spesso alle aziende che lavorano nel settore dell'illuminazione per le feste di piazza e dei fuochi pirotecnici.
Il caso degli ambulatori medici
In base al bando della Regione, gli ambulatori medici privati sono esclusi dagli aiuti, perché, secondo la normativa nazionale e il rimando ai codici Ateco, durante il lockdown potevano restare aperti. Ma nello stesso periodo, in Calabria, queste strutture sono state chiuse da un’ordinanza regionale. Non si comprende, dunque, con quale logica non dovrebbero rientrare tra i beneficiari.
La protesta di Casartigiani
Contro il ricorso alla discriminante dei codici Ateco si schierano le associazioni di categoria, come Casartigiani, che chiede di allargare la platea dei beneficiari senza escludere aziende che a causa dell'emergenza sanitaria hanno subito gli stessi danni economici di chi, invece, ha dovuto abbassare le serrande perché il suo codice Ateco era esplicitamente previsto nei Dpcm.
Regolarità fiscale e contributiva sempre richiesta
Le aziende richiedenti devo autocertificare poi tutta una serie di condizioni che in alcuni casi appaiono abbastanza ambigue. Come quando il bando regionale prevede che l’impresa certifichi che “in mancanza dell’aiuto, avrebbe licenziato o rischiato di licenziare il personale per cui l’aiuto è richiesto”. Per non restare escluse, le aziende dovranno anche sottoscrivere di “non aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate relativamente al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali e assistenziali”. Insomma, chi ha una cartella esattoriale che aspetta nel cassetto dell'ufficio, è meglio che si metta l'anima in pace.