Inaugurato l’anno accademico in uno dei beni confiscati al clan Mancuso che vedrà nascere anche un centro educativo per i giovani e laboratori sulla storia delle vittime di 'ndrangheta
Tutti gli articoli di Cultura
PHOTO
A Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, nei beni confiscati al clan Mancuso si è tenuta l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università della Ricerca, della Memoria e dell'Impegno intitolata a Rossella Casini, giovane studentessa universitaria barbaramente assassinata dalla 'ndrangheta a Palmi nel lontano 1981. Il presidente dell’Unicef Italia Francesco Samengo e il presidente dell’associazione San Benedetto Abate don Ennio Stamile si impegnarono a sottoscrivere un protocollo partecipando al progetto ‘Liberi di scegliere’, a settembre di quest’anno, per la realizzazione di azioni culturali, formative e di sensibilizzazione volte alla promozione della tutela dei minori, della giustizia sociale e di una cultura della legalità, della solidarietà e dell’ambiente, basate sui principi della Costituzione e delle fonti internazionali in materia di diritti sui minori, sulla memoria delle persone che hanno operato contro le mafie e sulle storie delle vittime.
Unicef e San Benedetto contro le mafie
«L’impegno della nostra organizzazione al fianco dell’Associazione San Benedetto Abate nasce dalla convinzione di voler partecipare ad un tassello di quella che riteniamo essere una vera e propria rivoluzione, una strategia di contrasto culturale al crimine organizzato, che si attua non solo attraverso lo studio sistemico delle mafie, ma anche mediante una vera e propria contaminazione anch’essa culturale, fatta di azioni formative e concrete opportunità di crescita per i ragazzi che appartengono a tali contesti», ha dichiarato Patrizia Surace, membro del Consiglio Direttivo dell’Unicef. «Questo soddisfa pienamente gli obiettivi istituzionali del Comitato italiano per dell’Unicef volti, come sapete, alla piena realizzazione dei diritti consacrati nella Convenzione di New York del 20 novembre 1989 -di cui il 20 novembre scorso si è celebrato il trentesimo anniversario».
«Devo sottolineare che la volontà di intervenire in questo ambito - ha continuato la Surace - non si è concretizzata solo il 10 settembre del 2019, quando il Presidente Samengo ha sottoscritto la convenzione con l’associazione rappresentata da Don Ennio, ma la nostra organizzazione ha, silenziosamente, partecipato al progetto ‘Liberi di scegliere’, allorquando alla fine del 2016 venne chiamato il presidente del comitato regionale per contribuire all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento di una minore vittima di violenza sessuale di gruppo, violenza maturata in un contesto di ‘ndrangheta. Alla giovane ed alla sua famiglia, per chiare necessità di salvaguardia psicofisica ed ambientale, occorreva trovare un alloggio dignitoso e l’Unicef si attivò subito al di fuori della regione Calabria».
«Da allora l’Unicef - ha dichiarato Patrizia Surace - è parte di quella rete solidale che accompagna il Tm di Rc ed è vicino alle madri che chiedono aiuto, quelle stesse madri che Don Luigi Ciotti suole definire le mine vaganti per la ‘ndrangheta. Il sistema criminale ha confiscato le loro vite, la loro maternità responsabile ed oggi si rivolgono al dottor Di Bella, spesso di nascosto, per recuperare dignità e libertà e per sottrarre i propri figli dall’ineluttabile destino di morte violenta o della carcerazione». «Tra chi sceglie l’appartenenza alla consorteria criminale - precisa la Surace - e chi opta per la collaborazione con la giustizia, vi è quella terza categoria di persone costituita da coloro, soprattutto le madri, che pur non potendo usufruire del regime di protezione (per quanto in un futuro potrebbero diventare testimoni o collaboratrici di giustizia), arrecano un vulnus importante alle famiglie mafiose grazie alla loro scelta di allontanamento e affrancamento dalle logiche criminali. Adesso queste madri, grazie ai diversi protocolli attuativi del progetto ‘Liberi di Scegliere’ (l’ultimo in ordine di tempo è del 5/11/2019), non sono più sole ed i loro figli non vengono più utilizzati come strumenti di ricatto morale contro le donne.
Pigotta Rossella
«A nome di ognuna di loro – conclude la Surace - oggi consegniamo la Pigotta Rossella, icona dell’Università della RiMI, ma anche simbolo di speranza e riscatto per tutte le donne che scelgono la libertà per se stesse ed i propri figli. Per Rossella, Maria Concetta, Tita, Angela, Annunziata, e tutte le altre donne la cui vita è stata strappata ed annientata dalla ‘ndrangheta, questa sarà la loro casa e questo potrà essere il nostro impegno civile quotidiano, ricordandoci sempre che ‘ il noi vince’».
L’Università antimafia di Limbadi
Il progetto, che riveste un ruolo altamente simbolico anche perché verrà realizzato su alcuni beni confiscati ai Mancuso, uno dei clan più potenti della 'ndrangheta calabrese, prevede la realizzazione di diverse strutture: un centro di ricerca e di approfondimento a livello europeo sul fenomeno delle mafie in generale e della ‘ndrangheta in particolare; un osservatorio permanente sul fenomeno della ‘ndrangheta che sia di ausilio a chi voglia studiare il fenomeno, in Italia o in Europa; un centro di alta formazione per professionisti (mediante attività didattiche riconosciute dai singoli ordini professionali-giuridico, antropologico-sociale, sanitario); una biblioteca nazionale multimediale e un archivio documentale sul fenomeno mafioso; un centro educativo di ricerca-azione per ragazzi e giovani, mediante campi estivi di formazione (residenziali) e laboratori di educazione informale sulla storia delle vittime di ‘ndrangheta. I corsi saranno tenuti da docenti universitari, magistrati, giornalisti, professionisti, ed esperti esterni altamente qualificati nei settori relativi ai contenuti delle discipline e degli ambiti di studio che potranno essere individuati anche al di fuori della Calabria.