La struttura nata nel 1955 lascerà il posto a nuovi appartamenti di lusso. Il ricordo dell’ex proprietario: «Lì solo felicità e spensieratezza»
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La storia che stiamo per raccontarvi potrebbe avere la colonna sonora di Ennio Morricone, il volto affabile di Philippe Noiret e il sorriso genuino di Totò Cascio. A dirigerli non c’è, però, un regista premio oscar come Giuseppe Tornatore, ma un artista di ferro e cemento di un paesino calabrese che ha visto passare sotto i suoi occhi personaggi e conflitti, risate e pianti, emozioni e i fischi. Parte da lontano, questa storia, ma noi iniziamo dalla fine, perché il dente è meglio cavarlo subito e poi anestetizzare il dolore con i ricordi.
Il gigante buono
A Tropea hanno preso il via da qualche giorno i lavori di demolizione del Cineteatro Eliseo, edificio storico della città, un gigante buono nel cui ventre arredato da poltrone lignee sono passati baci d’amore, bocche spalancate di stupore e occhi serrati di paura. Questo amico di tutti, ormai in pensione da anni, se ne sta andando claudicante, colpo dopo colpo, per lasciare il posto al progresso, al futuro, al turismo che reclama sempre più spazi in un paese piccolo piccolo e che fra qualche mese avrà il volto del nuovo Eliseo Palace.
“Appartamenti di lusso nel centro storico di Tropea” recita il cartello posto sul cancello del cantiere in largo San Michele. Accanto a esso la chiesa del Purgatorio rinnovata di recente, di fronte una piccola edicola con le anime avvolte dalle fiamme che sembrano quasi piangere anch’esse questa perdita.
Mani che si aggrappano
Da qui c’è chi passa lanciando uno sguardo fugace, chi va veloce senza neppure accorgersi dei lavori, chi si ferma a osservare da lontano il braccio meccanico che mangia lentamente le pareti come i semi di zucca che si consumavano all’interno del cinema. I lavori di demolizione mettono in evidenza i tondini del cemento armato: sembrano dita artritiche di un anziano che vorrebbe aggrapparsi alla vita, ma non ne ha più la forza.
Sono tanti a osservarlo, a trattenere smorfie di rammarico, a imbronciarsi e farsi passare davanti mille ricordi in un baleno. Sono tanti a tornare indietro con la mente fino alla nascita di questo pezzo di storia tropeana.
Lilly e il vagabondo
«I lavori sono iniziati nel 1953 – ci dice Elio Ventrice, figlio di Domenico e nipote di Domenico (avevano lo stesso nome), storico proprietario del cinema -. L’abbiamo inaugurato alla presenza del sindaco e del vescovo nel ’55 con Lilly e il vagabondo (foto a sinistra - Elio è il bambino a destra). Avevo cinque anni e ricordo che il cinema era talmente pieno che alla fine del film la gente non riusciva a uscire e quindi dovettero aprire gli accessi laterali. I dipendenti temevano che le scale non reggessero tutto quel peso, ma mio nonno era tranquillo: infatti durante i lavori di costruzione ripeteva agli operai: “Buttate cemento e ferro grosso ché se viene un terremoto il mio cinema non deve cadere”».
Il prestigiatore
In quell’edificio Elio ha passato gran parte della sua vita, attimi tutti scanditi da felicità e spensieratezza: «Lì non ho mai vissuto momenti di infelicità – racconta -, ho solo ricordi belli. Quello che restò più impresso ai miei occhi di bambino fu l’esibizione di un prestigiatore, Chabernot, che prese un orologio a uno del pubblico, lo mise in un mortaio e cominciò a pestare, ma alla fine del numero lo restituì intero».
Il soffitto magico
Una struttura avveniristica per l’epoca, «per la quale mio nonno spese 50 milioni di lire – continua Elio -, una cifra enorme rapportata al giorno d’oggi (circa 800mila euro ndr), basti pensare che un insegnante guadagnava 80mila lire al mese, ma fu un investimento azzeccato perché lavorò a pieno ritmo per anni e anni». E poi quella particolarità che lasciava tutti a bocca aperta: «Era una delle poche sale d’Italia dotata di soffitto apribile, un’innovazione che apportava anche una nota di romanticismo al contesto perché permetteva di vedere il film e al tempo stesso di godere del cielo stellato».
Un luogo che per tutta la sua esistenza ha regalato sogni e bellezza, anche a chi non ci entrava, ma veniva solo sfiorato da esso: «All’ingresso c’era una pianta enorme di gelsomini che mandava un profumo talmente forte che tutti i turisti venivano attirati dalla piazza e portavano via un rametto».
Il declino
Nonostante la gloria di cui si ricopri per anni l’Eliseo, però, la crisi del settore passò anche da qui. La riforma del cinema diede dei colpi decisivi per la caduta, arrivata sotto forma di chiusura definitiva nel 2001: «Un tempo si pagava solo il noleggio della pellicola – spiega Elio -, quindi se spendevi mille lire e ne incassavi 10mila, te ne restavano 9mila. Oggi con il biglietto elettronico il 60% va allo Stato e con quel 40% devi pagare tutte le spese. Ormai anche le sale cinematografiche hanno subito la globalizzazione, i multisala hanno preso il sopravvento. Si sarebbe salvato se fosse diventato pubblico e l’avessero trasformato in centro congressi, una realtà di cui a Tropea si parla da sempre ma che non è mai stata realizzata. Purtroppo le varie amministrazioni hanno preferito altro, pensando anche di farlo diventare sede comunale, ma alla fine non si è mai concretizzato niente».
Un’altra vita
Gli chiediamo cosa provi a vederlo oggi così, sventrato e quasi abbarbicato agli ultimi palpiti di vita: «Viste le difficoltà che stanno incontrando a smantellarlo, penso subito a mio nonno e alla sua volontà di non farlo crollare mai, ma i tempi cambiano, si evolvono, quando ero piccolo le strade erano polverose, non c’erano macchine, si andava casa per casa a vedere la tv, si ascoltava la radio e si leggevano i giornali, eravamo spensierati, sereni. Era un’altra epoca. Era un’altra vita».
La nostra storia termina qui. Durante il racconto di Elio ci è sembrato di veder scorrere davanti ai nostri occhi la pellicola di Tornatore, di ascoltare le note calde e toccanti, di riconoscere i personaggi che popolavano il cinema Paradiso e che abbiamo rivisto identici nella sala dell’Eliseo illuminata dalle stelle.
Un altro pezzo di una Calabria che non c’è più se ne va definitivamente, e a noi piace concludere allo stesso modo del capolavoro tornatoriano: con gli spezzoni dei baci censurati e le lacrime del protagonista. Perché per Tropea l’Eliseo è stato più di un premio Oscar.