Alla presentazione nella città dello Stretto del romanzo “Salutiamo amico” si sono presentati anche nostalgici del Ventennio e ultras di estrema destra
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Uno striscione minaccioso tenuto su da fascisti vecchi e nuovi, ultras della curva sud della Reggina, nostalgici dei Moti di Reggio, scandendo il “Boia chi molla” di prammatica. Un gruppetto di facce vecchie e nuove della destra reggina ha tentato di disturbare la presentazione di “Salutiamo amico” il nuovo libro che Gianfrancesco Turano ha ambientato nella Reggio dei Moti. Un romanzo, ma in grado forse più di molti strabici libri di storia di mettere a nudo la natura eversiva e mafiosa dei moti, culla di quell’impasto fra ‘Ndrangheta, massoneria, destra eversiva e servizi che da allora ha condizionato il destino della città calabrese dello Stretto e non solo.
Peccato mortale per chi a Reggio ancora si rifà a quella tradizione o la rivendica come grande momento della storia della città. Una gigantesca mistificazione che per decenni ha nascosto la reale natura di laboratorio politico eversivo dei Moti. Non a caso proprio nel dicembre di quell’anno da Reggio sarebbe dovuto partire il golpe con cui il principe nero Valerio Junio Borghese puntava a rovesciare la Repubblica.
Una presenza fissa in città quella del principe nero, insieme al suo proconsole Stefano Delle Chiaie. Entrambi - racconta più di un pentito - erano presenti al summit di Montalto, che ha tenuto a battesimo la ‘Ndrangheta nuova, che nelle stanze delle logge si è fatta borghesia e a cui la borghesia e il grande latifondo reggino ha spalancato le porte. Lo stesso schema di forze che nei mesi successivi avrebbe guidato i moti. Pagine che Reggio ha dimenticato.