Canto per Europa è un libro scritto di notte, perché dice il viaggiatore, scrittore e giornalista Paolo Rumiz, «nella notte tutto decanta, dall’oscurità prende vita quel mito che alberga nella punta estrema di ogni storia, nel buio prendono forma attraverso l’ispirazione e la parola, oggi più che mai esercizio di resistenza rispetto alla deriva della riduzione di ciò che resta complesso, i racconti più profondamente veri e fedeli».

È stato presentato alla libreria Ave Ubik di Reggio Calabria, con l’intervento del professore e storico Antonino Romeo, il viaggio che il narratore e viaggiatore triestino, sempre in giro per il mondo ha affidato a una giovane migrante in fuga dalla guerra che approda in Europa contribuendo a rifondarne l’identità. Così l’attualità si mescola al mito per raccontare la storia.

«Europa è una donna e la nostra grande capostipite. Europa è una terra madre, non è una colonia, non è un impero ma una terra nata dallo sbarco di donne venute da lontano», ha spiegato Paolo Rumiz.

Paolo Rumiz e la Calabria

Un viaggio, non l’unico, che nella realtà del suo cammino come in quella dei suoi libri, Paolo Rumiz termina in Calabria.

«Quando sono stato lungo il sentiero chiamato Tracciolino che unisce Bagnara con Palmi e ho visto quella meraviglia, ho capito che quella era la perfetta conclusione di questo viaggio. La Calabria è un mondo, un universo, una terra interminabile dove più volte sono stato per raccontarne i borghi abbandonati. A Roghudi, ad esempio, le case chiuse sono molto eloquenti e raccontano più storie delle nuove costruite sulle Marine, nel paese doppio, cresciuto dopo l’abbandono. Lungo il cammino, come sempre faccio nei miei viaggi in cui non mi limito alle capitali, cerco luoghi e incontro e ascolto le persone. Sono tornato in Calabria anche per raccontare in modo fedele l’attraversamento tra Scilla e Cariddi. Il passaggio da questo luogo, puntale dello Stivale, è ineludibile. Mi piace tornare anche per rompere i tabù: nei luoghi più tormentati incontri sempre persone straordinarie. Almeno sette volte sono passato per la Calabria e ne ho parlato nei miei libri. “Canto per Europa” non è l’unico libro in cui il viaggio termina qui. Ne “La leggenda dei monti naviganti”, attraversando il periplo delle montagne d’Italia sono arrivato fino a Melito Porto Salvo. Non ho mai visto un’orografia inquieta come quella delle montagne calabresi, dove si respira la precarietà mescolata alle suggestioni del mito», ha raccontato ancora Paolo Rumiz che nei suoi viaggi è stato anche dove oggi c’è la guerra, in Ucraina.

L'Ucraina, una terra un tempo innocente oggi infettata dal nazionalismo

«Ci sono stato una decina di volte dall’arrivo di Gorbaciov in poi. Ho conosciuto una terra innocente in cui i bambini gioivano di un gelato, davanti alla mia macchina fotografica, con una spontaneità antica, che era la nostra di un secolo fa.  Oggi accade che quella terra dove russi e ucraini si sono rimestati è stata infestata dalla peste del nazionalismo: da una parte si vorrebbe derussificarla e dall’altra deucrainizzarla. Certo Putin ha la responsabilità di avere invaso un paese sovrano ma c’è anche un grave concorso di colpa molto forte tra Ucraina e Occidente. Se questo conflitto proseguirà c’è il rischio che questa ferita resti aperta e purulenta nel cuore dell’Europa. Una guerra annunciata di cui vi erano i prodromi già nel 2008 quando ci passai nel mio viaggio con i mezzi pubblici raccontato in “Trans Europa Express”», ha spiegato ancora Paolo Rumiz.

Il viaggio e la parola

Nell’opera dello scrittore e viaggiatore triestino, il viaggio e la parola costituiscono un binomio inscindibile, un legame vitale e necessario.

«Se non mi sposto, non si mette in moto la memoria, la mente non evoca. Il viaggio è un grande miscelatore di cose, sogni, ricordi, libri di storia e carte geografiche. Esso consente di avere una prospettiva larga sul mondo, di essere visionari. Non mi vengono le parole se non cammino», ha sottolineato Paolo Rumiz che infine svela qualcosa del prossimo viaggio, annunciando che sarà particolarmente speciale e di cui, almeno nelle sue attuali intenzioni, non scriverà.

Il prossimo viaggio 

«Partirò con i miei tre nipotini: Federico, detto Chicco, che ha 9 anni e suona il trombone, con Elia di quasi sette e il fratellino Diego di sette mesi, credo chiamato così in onore del più grande calciatore del mondo. Desidero portarli a bordo di un camper a vedere un pezzo di mondo, con un minimo di avventura. Desidero accendere un fuoco la sera, arrostire due salsicce e raccontare loro delle storie prima di andare a dormire. Non voglio delegare la loro educazione ai telefonini e, anche con loro e per loro, vorrei salvare le parole e la loro irriducibile bellezza», ha concluso Paolo Rumiz.