Si arricchisce la collezione di Arte contemporanea della città dello Stretto dove l’autorevole esponente di pittura informale, di origini campane ma calabrese di adozione, trascorse gran parte della sua vita
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Intuizioni, visioni e suggestioni si rincorrono come le luci e i colori in questo Gioco di Forme, opera del maestro Ugo d’Ambrosi, originario di San Valentino Torio in provincia di Salerno salernitano ma reggino di adozione, che la moglie Tina Parisi e il figlio Davide D'Ambrosi hanno voluto donare alla pinacoteca comunale di Reggio Calabria, ad un anno dalla sua scomparsa.
«Mio marito, pur non avendo mai dimenticato la sua terra di origine e pur avendo conservato uno spirito intensamente napoletano, era diventato anche calabrese. Lavorando sempre a contatto con i giovani e con esperti d'arte si era legato molto alle persone e alla Città che ha certamente vissuto momenti di grande apertura e ispirazione artistica proprio su suo impulso. Un'esperienza che forse avrebbe potuto avere maggiore respiro e continuità. Sono grata per il commosso e partecipato ricordo condiviso in occasione di questo incontro», ha raccontato Tina Parisi, moglie del maestro Ugo D'Ambrosi, anche lei artista.
Un dono che ci inorgoglisce Reggio
«Abbiamo accolto con grande onore il dono della famiglia del maestro D'Ambrosi che non solo qualifica il patrimonio e il percorso di arte contemporanea della pinacoteca di Reggio Calabria ma che inorgoglisce anche l'Amministrazione che così può manifestare tutta la sua gratitudine per l'altissimo contributo reso dal Maestro nella sua qualità di artista straordinario e di docente appassionato», ha commentato l'assessora comunale alla Cultura, Irene Calabrò.
Un artista colto in costante ricerca
Portando con sé un’inedita ventata artistica e culturale, il maestro Ugo D’Ambrosi, era arrivato a Reggio, su invito Giuseppe Pani e Alfonso Frangipane, negli anni Sessanta. Docente del liceo artistico Mattia Preti e poi dell’accademia di Belle Arti, il maestro è stato ricordato nel segno della sua arte profonda e sapiente.
«La grandezza del maestro Ugo D'Ambrosi si deve alla sua formazione di altissima qualità. Dopo gli incontri con artisti straordinari e l'influenza dell'humus culturale di Napoli del Secondo Dopoguerra, il maestro esplorò tanti linguaggi fino ad approdare a quello più affine alla sua sensibilità artistica, ossia la pittura informale che visse in tutte le fasi. Negli anni Novanta abbracciò, infatti, anche la corrente Neo Informale, segnata da una pennellata meno materica e più fluida e da un colore contraddistinto da maggiore luce ed energia. Un’arte, quella del maestro D’Ambrosi, attraversata da una ricerca costante e che, pertanto, come lui non invecchia, incarnando un eterno inno alla vita», ha spiegato Roberta Filardi, docente di Storia dell'Arte presso il liceo artistico Mattia Preti – Alfonso Frangipane di Reggio Calabria, istituto profondamente legato alla figura del maestro Ugo D'ambrosi che nel 2019 donò al museo d'arte dello stesso liceo, un'opera dal titolo Grovigli. «Un momento davvero particolare che serbo sempre nel cuore», ha raccontato ancora Roberta Filardi.
L'immenso sapere del maestro D'Ambrosi
Pur essendo rimasto profondamente legato alla sua terra di origine e fortemente segnato dalla formazione acquisita negli ambienti napoletani, anche in Calabria il maestro D’Ambrosi aveva messo radici e seminato, attraverso relazioni e incontri soprattutto con i giovani, ai quali si avvicinava con generosità, con la sua consueta gentilezza e la sua immancabile ironia.
«Abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo e di poter trascorrere del tempo con lui a palazzo della Cultura Pasquino Crupi, dove è conservata una sua opera. Il legame affettivo e artistico si è stabilito subito, lasciandoci un ricordo bellissimo. Un grande maestro, profondamente umile. Custode di un immenso sapere e che tuttavia era curioso di sapere e di imparare anche da noi. C'è stato un grande scambio per ringraziarlo del quale abbiamo voluto farci mediatori per questo evento», ha sottolineato Antonella Aricò, vicepresidente e responsabile Didattica e Beni Culturali dell'associazione Meissa.
Un pittore pompeiano
L’incontro è stato scandito anche da interventi di chi lo ha conosciuto e ha voluto condividere un ricordo.
«Non dimenticherò mai quando andai a trovarlo a casa. Durante la nostra conversazione mi disse "Io sono pompeiano", affermazione che mi colpì profondamente. Parlando con lui, approfondimmo il concetto e compresi che affrontare l'informale, come anche l'arte concettuale, non può prescindere dalla conoscenza delle radici dell'arte occidentale, dell'arte greco-romana. Puoi capire la serietà dell'arte contemporanea solo collocandola nell'arte antica. Lo diceva anche l’architetto e accademico tedesco del Novecento, Walter Gropius, che riteneva l'arte di Duccio Di Buoninsegna e Giotto alle radici della scuola d’arte e design Bauhaus. Scoprì così anche nel maestro D’Ambrosi questa necessità di conoscere il passato per distruggerlo con consapevolezza, conservandone il forte senso della mimesis trasformato in chiave informale», ha concluso la storica dell'arte Giuseppina De Marco.