Quanto è importante la corretta narrazione dei patrimoni culturali nel recupero, trasmissione e riconoscimento di un’identità? Quanto può essere funzionale alla programmazione e progettazione di strategie di sviluppo di territori privi di un tessuto industriale? Che ruolo gioca la tecnologia in questo processo?

Molto, anzi moltissimo per alcuni operatori della cultura, convinti che Reggio Calabria sia accomodata sopra una miniera d’oro. Un capitale immobilizzato che deve essere messo nelle condizioni di sprigionare le sue enormi potenzialità

Ne sono convinti Daniele Castrizio e Saverio Autellitano, il primo ordinario di Numismatica all’Università di Messina e tra i massimi esperti di grecità e patrimoni culturali ad essa collegati, e il secondo grafico e visual designer che col primo ha pubblicato il saggio Dal Mito alla Storia, il mistero dei Bronzi di Riace ed è in tournée teatrale da diversi mesi con uno spettacolo divulgativo per raccontare i due capolavori e la Magna Grecia.

Un lavoro nato da una nuova interpretazione dei significati veicolati dai Bronzi di Riace, collegata al mito dei Sette contro Tebe. «La vera ricchezza su cui la Calabria e Reggio devono puntare è la nostra identità greca. Peccato che la ricorrenza del Cinquantesimo dal ritrovamento delle due statue, quasi passata sotto traccia, abbia dimostrato tutta la nostra incapacità. Un altro anno zero, l’ennesimo». Castrizio ne ha per tutti: dal Ministero della Cultura reo di miopia sul “dossier Calabria”, all’incompetenza di certi politici che consegnano quel dossier a «persone squalificate o poco titolate». 

Il risultato è una progettazione pensata e realizzata male che non raccoglie frutti a portata di mano. L’ultimo eclatante esempio è legato alla bocciatura di Reggio Capitale Italiana della Cultura 2027 che sta occupando il dibattito pubblico di queste settimane. Un’occasione mancata.

Sullo sfondo il tema di una memoria tradita, di un’identità calpestata, mal raccontata o preda di falsi storici e fake news che affossano le potenzialità di Reggio come Centro del Mediterraneo, crocevia di contaminazioni e laboratorio di elaborazioni culturali che hanno dato l’imprinting al Rinascimento italiano ed Europeo.

Ce lo raccontano la centralità di figure come Barlaham di Seminara o la presenza di opere d’arte di primo piano nelle decine di Chiese in Aspromonte, tra cui spiccano i gruppi scultorei del Gaggini. La questione riguarda tutti i patrimoni dell’area su cui da tempo si dibatte. Un chiaro esempio riguarda gli scavi effettuati a Piazza Garibaldi e di prossima inaugurazione. Mentre il prof. Massimo Osanna, archeologo e Direttore Generale Musei del Ministero della Cultura, in visita presso il sito a scavi appena iniziati dichiarava con certezza che il ritrovamento riguardasse un tempio di età augustea dedicato a Giove, Castrizio e Autellitano, supportati da due numeri uno come il prof. Lorenzo Braccesi e l’archeologo Michaelis Lefantzis, lavoravano a una ricostruzione in 3D sull’ipotesi che il sito ospitasse le vestigia del Mausoleo di Giulia, la figlia esiliata in città dal padre Ottaviano Augusto.

A sentire la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Reggio e Vibo, nessuno si sbilancia: non esistono al momento dati scientifici per sposare la prima o la seconda ipotesi. Ma questo dimostra come non sia solo in ballo la natura di quanto rinvenuto, quanto piuttosto la capacità di costruire un racconto e una strategia di valorizzazione corretti, a partire dal dato di realtà. Afferma Castrizio: «Qui non si tratta semplicemente di dire che l’ipotesi X sia migliore di quella Y. È un problema di narrazione, di strategia, di programmazione. A volte si ha l’impressione che gli apparati ministeriali non pongano sufficiente attenzione a quanto Reggio e la Calabria possono portare al sistema-Italia dei beni culturali, in cui la Calabria potrebbe fare la parte del leone. Sarebbe ora di cambiare registro». 

E che ci sia un problema di comunicazione e di narrazione lo si capisce quando si presta attenzione all’annuncio alla stampa del ritrovamento dei Bronzi di San Casciano, reso pubblico l’8 novembre 2022, due giorni prima del convegno internazionale I Bronzi di Riace, 50 anni di studi e ricerche tenutosi a Reggio tra il 10 e il 12 novembre dello stesso anno. Coincidenza? Mero errore di comunicazione?

Eppure è stato lo stesso Osanna, in visita agli scavi di Reggio lo scorso febbraio 2024 dopo la nomina di Fabrizio Sudano alla direzione del MARC, ad affermare che il patrimonio culturale di Reggio e del suo Museo dovesse essere meglio raccontato perché «spesso difficile da comprendere». Aggiungendo che «il nostro dovere è rendere accessibili i musei (...) abbattendo barriere sensoriali e cognitivi a chi è estraneo alla cultura classica». 

Osanna tirava in ballo anche l’opportunità dei fondi Pnrr, 1 milione di euro destinati al MARC per ripensare gli allestimenti e dotare la struttura di strumenti multimediali con il supporto delle tecnologie digitali. Una progettazione che dovrebbe riguardare anche l’area di Locri e quella di Medma, riqualificata e inaugurata qualche giorno fa.

Su questo punto non ha mezzi termini nemmeno Saverio Autellitano: «La nostra terra è ricca di arte, cultura e identità che andrebbero fatte conoscere raccontate di più, meglio e con chiarezza. La ricerca storica è imprescindibile e il suo compito è quello di addivenire a risultati precisi, puntuali e attendibili. Affiancarle la tecnologia a disposizione può moltiplicarne i risultati in termini di conoscenza e divulgazione. La ricostruzione in 3D dei Bronzi di Riace che ho realizzato non è stata un esercizio di stile, tanto che oggi è universalmente riconosciuta e adottata dalla comunità scientifica. Con Daniele abbiamo messo quei due capolavori nelle condizioni di “parlare”. Ricostruendo sulla base di dati storici il loro equipaggiamento, i loro ornamenti, i colori originali e cercando di interpretare il loro atteggiamento nel gruppo scultoreo, siamo riusciti a tirare fuori una nuova semantica». 

Si tratta del cosiddetto metodo Bronzi una best practice che potrebbe essere utilizzata per la narrazione, la divulgazione e la comprensione di tutto il patrimonio classico reggino e calabrese.

E che porterebbe alla musealizzazione di tutti gli eventuali prodotti di questa ricerca applicata. Per questo servirebbe uno sforzo di progettazione e di visione di sistema che si iscrive anche nel dibattito legato alla bocciatura di Reggio Capitale italiana della Cultura 2027. Ce lo dicono anche i numeri contenuti nel XIV Rapporto Io sono Cultura, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e altri soggetti, con il patrocinio del Ministero della Cultura: un settore che produce 297 miliardi di euro di valore di cui oltre 104 miliardi solo nel 2023 con un aumento del 5,5% rispetto all’anno precedente. 

Una vera e propria filiera del valore e del lavoro da costruire in territori che come Reggio e la Calabria, hanno naturalmente questa vocazione che attinge da un passato troppo spesso mal conosciuto, mal raccontato e per questo poco valorizzato.