Ahmed Berraou è uno dei punti di riferimento per la comunità islamica calabrese. Marocchino di Rabat, ha trascorso metà della propria vita a Cosenza dove è stato Imam. Fautore della democrazia, ha favorito un ricambio generazionale anche e soprattutto nella posizione che occupava. Di recente ha creato l’Associazione Culturale Daawa.odv ed ha fondato il “Respect Cosenza Club”, primo club multietnico d’Italia, che sostiene la squadra rossoblù. Con l’associazione si è prefissato il compito di fare rete e dà sostegno a donne, uomini e bambini a prescindere dall’etnia e dalla religione professata.

Come vive il Natale cristiano? È un normale giorno di mercato oppure avverte qualcosa di differente?
«Per prima cosa c’è da dire che la figura di Gesù, figlio di Maria, per noi è una figura profetica al pari di Maometto. La nostra cultura riconosce principalmente cinque Profeti e, oltre a quelli nominati, ci sono anche Mosè, Abramo e Noè. Spiegato questo, va fatto un distinguo. Gli integralisti, schiera a cui non appartengo, considerano le feste qualcosa di molto serio e pertanto non riconoscono quelle delle altre religioni. Io scelgo la moderazione e ho bene a mente l’importanza del Natale: faccio gli auguri agli amici senza falsità, ma non partecipò ai festeggiamenti».

Vive da 26 anni a Cosenza e si è integrato benissimo. Nota differenze con il resto della Calabria?
«L’area urbana di Cosenza è assimilabile ad una città del nord, accogliente e molto colta. Se non fossi capitato a queste latitudini non avrei completato i miei studi. Per me è un simbolo culturale che ho sposato pienamente. Ma non solo».

Cosa più?
«Mi sento di supportare i movimenti di base con i quali ho condiviso momenti di lotte per i diritti civili. A tal proposito ho anche espresso pubblicamente la mia indignazione per la richiesta di sorveglianza speciale per due sindacalisti, ai quali va tutta la mia solidarietà».

In una sua recente lettera al nuovo sindaco Franz Caruso parlò di immigrati musulmani non considerati come cittadini attivi. Perché?
«Perché non c’è alcuna attenzione da parte delle istituzioni a riguardo. A Cosenza, come nel resto dell’Italia, vive anche gente con tradizioni, abitudini religiose e alimentari differenti».
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