Una sala gremita ha ascoltato con particolare trasporto, a Paola, la dissertazione del professor Giuseppe Ferraro su “la Calabria e l’unificazione italiana”. L’incontro, nato nell’ambito delle molteplici attività del Centro di Cultura Unla di Paola, è stata l’occasione, per gli intervenuti, di approfondire un argomento spesso veicolato con letture diverse e contrapposte, di un processo politico fondamentale per gli italiani, anche di oggi.  Giuseppe Ferraro è un capace comunicatore, la sua verve e la padronanza dell’argomento hanno catalizzato l’attenzione di una platea attenta che gli ha riconosciuto competenza e professionalità. Dottore di ricerca in storia presso l’Università degli Studi della Repubblica di San Marino, cultore della materia in Storia contemporanea presso l’Università della Calabria, fa parte della redazione del «Giornale di Storia contemporanea» e del comitato scientifico dell’Icsaic. La sua tesi di dottorato che ha originato il libro “il prefetto e i briganti”, edito da Le Monnier, nel 2015 ha vinto il premio nazionale «Pier Paolo D’Attorre» (Ravenna) “per la ricchezza e l’originalità delle fonti archivistiche […], per la crucialità degli anni considerati nella storia del Mezzogiorno e del neonato Regno d’Italia […]”.

Il Regno delle due Sicilie

«Prima del 1848 il Regno delle due Sicilia presentava una serie di caratteristiche per fare di questo Stato lo stato guida per fare l’unificazione italiana. E se non proprio lo stato guida, certamente uno di quegli stati che avrebbe dovuto dettare l’agenda politica su come fare l’Italia e su quali condizioni». Così Ferraro durante l’interessante dissertazione. Come tutti sappiamo e la storia insegna, non fu così. Il professore Ferraro racconta di come tutti questi primati del Regno cominciarono a scemare, furono «qualcosa di bello e affascinante ma non funzionale allo sviluppo di quel territorio. Palermo dà per prima la costituzione ma nello stesso momento in cui i Borboni danno la costituzione sperano nell’intervento di Vienna per ritirarla, e la ritirano». Torino e i Savoia, dall’altra parte dello stivale, non hanno invece intenzione di dare la costituzione, inizialmente, salvo poi dare, pressati, lo Statuto Albertino che durerà fino alla seconda guerra mondiale. Il ritiro della costituzione da parte dei Borboni è un grande limite per quanto riguarda lo sviluppo economico del sud. «Un primato l’avevamo, l’abbiamo purtroppo sciupato – continua Ferraro - . Noi avevamo la prima ferrovia che però non collegava nessuno dei poli siderurgici industriali. Ferdinando di Borbone nel ’48 considera che in Francia le idee rivoluzionarie hanno camminato attraverso le comunicazioni, le ferrovie sono state uno dei principali mezzi di diffusione delle epidemie rivoluzionarie. Tutto si ferma perché noi siamo protetti dallo Stato Pontificio e dal Mediterraneo, trincerati in un contesto militarmente inespugnabile. Il Piemonte, quando i Borboni hanno la ferrovia, non hanno nulla, almeno fino a quando non arriva al governo Cavour.

A partire dagli anni ’50 dell’800 il Piemonte, che non aveva nulla, costruisce un’infrastruttura strale e ferroviaria che collega gran parte del Piemonte producendo la circolazione delle idee con più facilità, e la circolazione delle merci abbassando i costi e dando una risposta al lavoro». Anche il primato della mobilità sociale ed economica il sud se lo lascia “rubare” dal Piemonte.

 

L'Unificazione 

«Il crollo del Regno delle Due Sicilie e l’unificazione italiana segnarono per le province meridionali un periodo di diffusa instabilità. Vecchie e nuove problematiche si fusero rendendo l’amministrazione di gran parte di questo territorio difficile per i primi governi italiani. La classe dirigente liberale cercò di rimediare alla diffusa instabilità e conflittualità inviando nel Mezzogiorno prefetti, funzionari, militari di origine settentrionale per rafforzare in tal modo l’unificazione appena raggiunta. In questo contesto – continua Ferraro -, nell’aprile 1861 venne nominato prefetto della provincia di Cosenza (Calabria Citra) il valtellinese Enrico Guicciardi». Proprio la vicenda appassionante di Guicciardi e l’utilizzo, tra le altre, di fonti storiche inedite, custodite in archivi pubblici e privati, permettono a Ferraro, di raccontare i primi anni dell’unificazione italiana in Calabria, con particolare attenzione al brigantaggio, alla questione della terra, alla conflittualità tra potere politico e militare sul territorio, in uno dei momenti più critici della storia d’Italia. «Ho certezza di mutare faccia a questa Provincia sotto ogni rapporto in tempo assai breve e di farne un paese così florido da renderlo invidiato non soltanto alle altre provincie meridionali, ma anche alla nostra» (Enrico Guicciardi, Prefetto di Calabria Citra, 13 dicembre 1862).

Tra i lavori del prof. Giuseppe Ferraro, La Calabria e l'unificazione italiana, Crolli e conflittualità nella Calabria post-unitaria, Diplomazia di carta, alcune voci biografiche dei principali protagonisti della storia risorgimentale italiana pubblicate nel Dizionario biografico degli italiani della Treccani. Alcune sue ricerche, su questi temi, hanno ricevuto importanti premi come il Premio nazionale "Spadolini 2016". L’incontro si è concluso con l’intervento musicale di Antonio Bevacqua, etnomusicologo e musicista, che ha suonato e cantato brani sul brigantaggio.