La nostra regione ha consegnato alla Chiesa cattolica dieci successori di San Pietro e le due storie più emblematiche hanno le loro radici nell’Alto Ionio
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«La Calabria come terra di fede - disse Giovanni Paolo II, il 17 ottobre 1984, durante la sua visita a Reggio Calabria - ha avuto la sua rappresentanza nell’elenco dei Romani Pontefici avendo dato alcuni dei suoi figli alla sede di Pietro». Già, perché la Calabria, non tutti sanno, ha dato alla chiesa cattolica ben dieci Papi, di cui otto santi, e perfino un antipapa (foto Wikipedia).
Due storie, tra queste, sono emblematiche. E ve le raccontiamo. La prima è quella di Papa Telesforo da Thurio, odierna Terranova di Sibari, in provincia di Cosenza. Divenuto santo, è stato l’ottavo Papa, e il primo calabrese. Papa Telesforo è stato anche il primo a essere registrato come martire nel Liber Pontificalis, una raccolta di biografie dei papi dei primi dieci secoli.
Salito al soglio di San Pietro nel 125, morì martire nel 136, sotto Adriano o, secondo i documenti di altri storici, all’inizio dell’Impero di Antonino Pio come altri storici asseriscono. San Telesforo si ricorda tra gli eremiti del monte Carmelo, prima di salire a Roma, e per questo suo trascorso, l’Ordine Carmelitano lo onora come uno dei suoi santi. Si commemora il 5 gennaio giorno del suo martirio, quando le sue spoglie furono recuperate dai cristiani e portate nella Basilica Vaticana per essere tumulate accanto alla tomba di San Pietro.
L’Alto Ionio calabrese consegna alla storia un’altra figura molto interessante nella storia della Chiesa romana, quella di Giovanni XVI da Rossano, noto anche come Fra’ Giovanni Filagato. Voluto e sostenuto nel 997 da Giovanni Crescenzi detto il “Nomentano”, senatore e potente nobile romano, passa alla storia come uno dei sedici antipapi, Giovanni XVI pagò a caro prezzo l’usurpazione papale consumata contro Gregorio V (ovvero Bruno di Carinzia, divenuto primo pontefice tedesco), costretto poi a fuggire in cerca di salvezza. Papa Gregorio V, era cugino di Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Germania. Sempre nel 997, un sinodo di vescovi tenutosi a Pavia, riconobbe Gregorio V come papa legittimo e scomunicò Giovanni XVI.
L’antipapa Giovanni XVI dieci mesi dopo aver accettato la tiara (ovvero la corona usata dai papi a partire dal medioevo), fu catturato dalle truppe imperiali e incarcerato perché riconosciuto reo di alto tradimento. L’imperatore Ottone III gli fece cavare gli occhi, mozzare le orecchie e troncare il naso. Con il volto sfigurato e sanguinante – raccontano gli storici - fu messo sopra un asino rivolto verso la coda e condotto per le vie di Roma. Papa Gregorio V, che nel frattempo aveva rioccupato il trono papale, lo fece curare in modo da poterlo processare come usurpatore e traditore. Ritenuto colpevole, Giovanni fu svestito dagli abiti papali, rimessi per l’occasione, e rivestito con una misera tunica.
Riportato in cella, il 16esimo antipapa della storia morì nel 998. Giovanni Crescenzi, che ne aveva sostenuto l’ascesa, invece, si rifugiò a Castel Sant’Angelo dove resistette per diverso tempo prima di essere catturato. Fu decapitato dopo un processo sommario.
(Le fonti da cui abbiamo attinto sono “I Papi calabresi nella tradizione e nella storia” - di Padre Silvestro e Pietro Morabito - Ed. Frama Sud e “Gli Antipapi storie e segreti” - di Elena Percivaldi - Newton Compton Editori, dei quali consigliamo la lettura).