VIDEO | Il cronista Rai Francesco Repice, il fotoreporter Giovanni Santi e l’autore Andrea Merendelli hanno illustrato il progetto. Il giornalista confessa: «Adoro il fatto che ci siano ancora dei ragazzi che traggono gioia da un pallone»
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Un viaggio attraverso l’Italia delle nuove generazioni, un ritratto di vita vera nel segno dello sport capace di unire. Il frutto di questo emozionante viaggio raccontato a Bovalino, nella Locride, in compagnia del Caffè Letterario Mario La Cava è il libro fotografico dal titolo I sogni rimbalzano, edito da Petruzzi e realizzato dal fotoreporter Giovanni Santi e dall’autore teatrale, regista e attore Andrea Merendelli con l’introduzione del radiocronista Rai, calabrese doc, Francesco Repice.
«È un libro che nasce da un’idea di Andrea Guido Conti e da una grande amicizia con Giovanni Santi - ha raccontato ai nostri microfoni Andrea Merendelli - abbiamo fatto questo viaggio in giro per l’Italia e abbiamo incontrato tantissimi giovani che dopo il Covid, forse anche grazie allo sport, hanno ritrovato delle motivazioni per stare insieme, per staccarsi dai dispositivi digitali e ricominciare a vivere una vita un pochino più umana. Volevamo inoltre che i tanti educatori di sport ricevessero, almeno attraverso la nostra indagine, il giusto merito perché riescono a tenere insieme, in situazioni difficili, tanti ragazzi che diversamente sarebbero abbandonati alla strada».
Ad accompagnare i testi di Andrea Merendelli, tra le pagine del volume, gli spettacolari scatti del fotografo toscano Giovanni Santi. «Quello che abbiamo fatto è stato raccontare le storie delle singole società, delle varie realtà e dei ragazzi che abbiamo incontrato e fotografato in questo viaggio - ha evidenziato Santi -. Una narrazione fotografica in bianco e nero perché più essenziale, con una particolare attenzione agli sguardi, alle sensazioni, alle emozioni».
I sogni rimbalzano è un racconto fatto di parole e immagini dense di significato, che si fermano nel tempo e trasmettono quella dimensione prettamente ludica che custodisce la reale essenza dello sport. «Quando si giocava per strada e il pallone andava a finire per esempio vicino al meccanico, alla casalinga, o magari ad una cuoca, questi uscivano fuori con il pallone tra le mani dicendo “viditi ca vu bucu stu palluni!” - ha ricordato Repice - ecco, la mia grande paura in questo momento è che ci stiano bucando il pallone. Quindi adoro il fatto che ci siano ancora dei ragazzi che, da un pallone, possano trarre non lezioni, ma gioia».