Lo scrittore Mimmo Gangemi torna alla saga familiare sull’emigrazione, il suo “Il popolo di mezzo” proposto per entrare nei finalisti del premio Strega, e in forza della sua scrittura poliedrica annuncia: «basta libri sulla ndrangheta». Edito da Piemme, l’ultimo nato dalla penna dell’autore palmese racconta anche questa volta la traversata di una famiglia che si trasferisce nel "nuovo mondo" lasciando la terra d'origine, la Sicilia. «Al contrario La Signora di Ellis Island – spiega – il viaggio è affrontato con i figli e in questi casi significa mettere radici in una America che agli inizi del secolo scorso fu anche razzista verso gli italiani. Noi non eravamo né bianchi, né neri, appunto un popolo di mezzo discriminato benchè avesse alle spalle il dolore per una terra lasciata».

Giocoforza, per uno degli autori calabresi più apprezzati nel contesto nazionale, arrivare all’attualità. «Il popolo di mezzo di oggi – prosegue – attraversa il Mediterraneo e qui in Italia trova una politica spesso becera e razzista che dimentica la storia italiana. La Calabria conosce e pratica i valori dell’accoglienza, che derivano dalla cultura magno-greca, ma anche qui da noi accanto ad esperienze positive, si assiste ad una deriva più lenta anche in altre regioni italiane: c'è il rischio che la Calabria dimentichi sempre di più la sua storia di emigrazione». Sul perché del ritorno ad una storia di emigrazione, Gangemi non ha dubbi.

«C’è il rischio – conclude lo scrittore rispondendo ad una domanda sulle gestioni della cronaca nera e giudiziaria calabrese – che, scrivendo libri che in un modo o nell’altro descrivono la 'ndrangheta, si possa perpetuare il racconto negativo di una terra che invece ha caratteristiche da apprezzare. La ndrangheta resta in cima ai problemi calabresi, accanto a tante esperienze eccellenti che stentano ad essere conosciute, ma ho deciso di sfruttare la mia vena letteraria variegata distaccandomi dallo stereotipo di una regione che può essere conosciuta solo grazie ad una minoranza a volte troppo microfonata».