Ha conosciuto la tristezza don Francesco Cristofaro, sacerdote 40enne, di Sellia Marina, parroco della parrocchia Santa Maria Assunta di Simeri Crichi, nel catanzarese, nato con una paresi spastica alle gambe.

Una patologia con la quale ha sempre lottato, con il sostegno dei suoi genitori che sin da subito hanno iniziato con i viaggi della speranza dal sud al nord Italia. Un percorso lungo e difficile in cui don Francesco ha dovuto lavorare tanto per accettarsi e farsi accettare dalla società.

Un bambino triste

«Da piccolino ero triste – racconta – pregavo continuamente perché potessi guarire. Mi rivolgevo sempre alla Madonna e le chiedevo la guarigione che però non avveniva mai. Tant’è vero che mi ero autoconvinto di essere un bambino cattivo perché un bimbo che non viene ascoltato vuol dire che è stato punito per qualcosa di sbagliato che ha fatto.

I bambini non mi facevano giocare con loro a calcio oppure quelle poche volte che succedeva mi mettevano in porta per tirarmi il pallone addosso. Io non ho mai imparato ad andare in bicicletta o sulla moto. Quindi ero escluso dai giochi».

Vittima di bullismo

«Dico sempre che il bullismo esisteva anche 40 anni fa. C’è una parola che non dimenticherò mai: “poverino”, oppure l’espressione “perché cammina così”.

Quel pietismo che sentivo addosso faceva male – confessa don Francesco -. Perché purtroppo non siamo abituati a guardare l’altro nel volto, non lo guardiamo negli occhi, ma lo guardiamo nel difetto fisico e io mi sentivo sempre osservato, guardato nel difetto delle mie gambe.

Questo mi ha fatto crescere in una sorta di campana di vetro e i miei genitori mi proteggevano da tutto questo. Trascorrevo la mia vita tra scuola, casa e chiesa».

La rinascita

Don Francesco, un bambino sensibile allora, ferito da parole e atteggiamenti dei suoi coetanei, un sacerdote fiero e maturo oggi, attento e dedito ai suoi parrocchiani e alla sua comunità.

«Io faccio fisioterapia da 40 anni, convivo con la mia patologia, a volte con qualche difficoltà, a volte con più tranquillità. Ma oggi ringrazio il Signore per il dono della disabilità perché grazie a questo riesco a vedere le cose e le persone con occhi e cuore diverso, con una sensibilità maggiore.

Oggi – spiega il sacerdote - grazie alla disabilità riesco a sentirmi accanto alle persone che vivono nella sofferenza e alle famiglie che spesso lottano con i figli disabili e si sentono smarriti, persi e non aiutati».

L'incontro con Gesù

Francesco inizia a frequentare assiduamente la chiesa in occasione della preparazione alla prima comunione, intorno all’età di 8 anni. A quei tempi si preparava per raggiungere la casa di Gesù, distante circa due chilometri dalla sua abitazione, a piedi, da solo.

«Ogni tanto qualcuno che in paese mi vedeva per strada si fermava per offrirmi un passaggio – ricorda - ma io lo rifiutavo sempre non perché non ne avessi bisogno o perché non mi stancavo a camminare, ma perché non volevo che i miei genitori venissero giudicati come insensibili con un bambino nelle mie condizioni. Fu così che iniziai a frequentare la chiesa».

Strumento nelle mani di Dio

Ed è in quell’ambiente che Francesco comincia a scoprire un Vangelo nuovo, diverso rispetto a quello del pietismo e del piangersi addosso: «Iniziando a frequentare il Movimento Apostolico scopro che anche io potevo essere uno strumento nelle mani di Dio.

Un episodio in particolare del Vangelo cambiò per sempre la mia vita ovvero quando viene chiesto a Gesù come mai il paralitico fosse nato in quella condizione.

E Gesù dice: “Nessuno ha peccato perché lui nascesse così, lui è nato così per rendere gloria a Dio”. E io oggi mi sento come quel paralitico, guarito. Perché anche io posso rendere gloria a Dio con la mia vita e la mia missione».

Il messaggio ai giovani

La testimonianza di don Francesco, sacerdote da quasi 14 anni, impegnato in radio e tv, non solo è racchiusa nelle pagine del suo ultimo libro “Signore ti prego con il cuore”.

Ma anche nel volume “Come seme che germoglia, sacerdoti nella malattia”, scritto da Vittore De Carli per la Libreria Editrice Vaticana, contenente storie di uomini di chiesa che convivono con la malattia e la disabilità, sempre in prima linea per testimoniare la bellezza della vita. «Io spesso quando vado nelle scuole dico ai ragazzi “ricordatevi sempre che una parola detta male, con cattiveria, resterà sempre nel cuore di chi la riceve”. Quindi facciamo attenzione all’uso delle parole e del linguaggio. Attenzione anche ai nostri comportamenti che possono per sempre segnare la vita degli altri».