Dieci anni, tanti ne sono passati da quella tragica alba in cui un uliveto di Lamezia venne ritrovata Adele Bruno, ormai senza vita. Ad ucciderla il suo ex fidanzato, Daniele Gatto. Si videro per sbrigare un’ultima commissione, Adele uscì addirittura senza telefono, pronta a rientrare a casa dopo poco, invece, sparì nel nulla.

L’omicida finse di partecipare alle ricerche ma la sceneggiata durò poco, al primo sorgere del sole accompagnato da un prete confessò. Ma questa è storia. Così come appartengono ormai al cuore di ognuno di noi gli splendidi sorrisi di Adele, dal quale traspare la sua bontà ed energia. Quest’anno la famiglia, della quale è portavoce la cugina di Adele, Caterina, chiede un cambio di passo: che si vada oltre al ricordo e che si faccia formazione verso le future potenziali vittime, ma anche potenziali aggressori, a partire dalle scuole medie. 

«Vorremmo che si creasse qualcosa che aiutasse e dirigesse verso la non violenza le nuove generazioni. Le panchine rosse se non sono seguite da altro rimangono fini a se stesse». I numeri della violenza contro le donne sono in crescita e vedono spesso abbassarsi anche l’età di vittime e aggressori, così come non bisogna tralasciare i figli cresciuti in case nelle quale la violenza è stata vissuta come parte della quotidianità e mezzo di risoluzione dei conflitti, relegando magari la donna ad un ruolo sempre di inferiorità.

La famiglia di Adele, quindi, grata all’amministrazione e all’associazioni tutte che si impegnano ogni anno a ricordare la figlia e il suo tragico destino, chiedono un nuovo approccio: che si valorizzi, ad esempio, nel narrare la storia, il fatto che Adele aveva trovato il coraggio di lasciare Daniele, cosa che molte donne non riescono a fare perché prigioniere di spirali psicologiche e non solo.

Adele, ingenua e affabile, si recò in un centro commerciale con lui per ritirare un suo regalo mandato in riparazione. Uscì per pochi minuti recandosi in un luogo affollato. Mai avrebbe immaginato che il ribadire la sua fine della relazione avrebbe scatenato in lui una reazione talmente violenta da farle esalare l’ultimo respiro.

C’è molto da fare, su cui lavorare. Dai primi accenni di comportamenti ambigui ai quali prestare attenzione, riflette Caterina, al come sganciarsi da una relazione pericolosa. Ricordare Adele fornendo strumenti alle nuove generazioni per difendersi, per evitare che altre ragazze perdano la vita, significherebbe veramente onorare il suo nome.