Si intitola “Un paese felice” il nuovo libro di Carmine Abate, presentato in prima nazionale assoluta a San Ferdinando. Il motivo del debutto scelto dallo scrittore di Carfizi, un piccolo centro calabrese per il suo romanzo edito da Mondadori, dipende dall’ambientazione della storia raccontata, ovvero il villaggio di Eranova demolito per far posto al Quinto centro siderurgico di Gioia Tauro. Abate ha dialogato con l’assessore alla Cultura Franco Barbieri, nell’ambito di una iniziativa organizzata dal Comune guidato dal sindaco Luca Gaetano.

Nella serata lo scrittore ha reincontrato i tanti cittadini che hanno dato le loro testimonianze, di protagonisti o eredi di una storia a lungo dimenticata, che oggi perlopiù vivono in uno dei due quartieri all’epoca costruiti per trasferire gli abitanti della frazione di Gioia Tauro. Abate ha spiegato come è venuto a conoscenza del destino di Eranova, ovvero mentre faceva una ricerca per un romanzo sull’immigrazione straniera, arrivando alla tendopoli di San Ferdinando e apprendendo che quella è anche la zona dove fino alla prima metà degli anni 80 c’erano le case poi buttate giù.

Lo scrittore ha definito battagliera quella popolazione che ha resistito fino all’ultimo, convinta che si potesse fare a meno di cancellare quel paese, visto anche che l’investimento per costruire il Centro siderurgico è poi fallito. La storia d’amore ambientata in quegli anni è servita allo scrittore per accendere i riflettori su quella che lui ha chiamato una storia finita nell’oblio che merita di essere conosciuta perché ispirata dal nome di un paese – Eranova appunto – che indicava una utopia. Sul fatto che successivamente al fallito progetto industriale sia comunque sorto il porto leader in Italia per il traffico dei container, Abate ha ricordato i ritardi accumulati prima del suo avvio ribandendo che, in ogni caso, Eranova si poteva salvare.