A Cassano è arrivato inseguendo un pallone. È qui che il suo viaggio, iniziato in Costa d’Avorio quando aveva 17 anni, è ricominciato. «Sono partito perché stavo cercando una nuova terra dove stare bene, dove potevo continuare a studiare: non avevo più speranza rimanendo nel mio Paese». Yaya Karambiri oggi di anni ne ha 24 e racconta così il cammino che lo ha portato qui, in quest’angolo di Calabria che gli ha allargato le braccia e lo ha stretto a sé. Quando ha deciso di andare via era orfano da due anni. Una sorella, sposata, che abitava lontano e un fratello che a un certo punto ha sentito, anche lui, la necessità di cercarsi un posto migliore. Come tanti, come lo stesso Yaya quando ha capito che casa non poteva più essere casa.

Un viaggio senza ritorno

«Sono partito da solo», racconta. Un viaggio «troppo difficile» da affrontare «perché non avevo niente, neanche un soldo». Dalla capitale ivoriana Abidjan, Yaya arriva in Burkina Faso e da lì in Niger, dove incontra altre persone con cui prosegue il cammino: «Mi avevano detto che in Libia si stava bene e da lì c’era la possibilità di partire per altri Paesi, ma quando siamo arrivati abbiamo visto che era tutto il contrario di come ce lo aspettavamo». In Libia non si sta bene, in Libia Yaya e i suoi compagni di viaggio finiscono incarcerati. «Dovevamo pagare per essere liberi. Lì c’era il fratello di uno dei ragazzi che era con me, ha pagato per farci uscire. Poi abbiamo lavorato per restituirgli i soldi, dopo un mese ci hanno preso di nuovo e riportato in carcere». E così tutto ricomincia. I soldi per uscire, i soldi per andare lontano da lì, «passare» dice Yaya: «Non c’è ritorno: lavori per passare o muori lì». Continua a leggere su Cosenza Channel