Necessario intervenire educando alla parità di genere fin dalla tenera età sia in famiglia che a scuola. La presidente del sodalizio: «Da noi le vittime trovano ascolto, condivisione e sostegno»
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La violenza sulle donne è un male inammissibile, una macchia nera del nostro tempo. Ne sono testimonianza le panchine rosse che si trovano per le strade di molte città. Esse sono il simbolo della lotta a questo male che dilaga sempre più. È una vera e propria emergenza sociale.
È necessario agire sulla mentalità malata di chi è convinto che la donna sia proprietà dell’uomo, nonché oggetto da poter usare a proprio piacimento. Il fenomeno della violenza sulle donne infatti è riconducibile alla convinzione viscerale di tanti uomini che fraintendono il ruolo nella relazione con la partner, e credono che esso si debba realizzare in una forma di dominio.
Stiamo parlando di una cultura maschilista e disfunzionale, che si fa scudo con un concetto malato di amore, e che in virtù di questo presunto amore offre la scena di una mostruosa mutazione. Sì, perché sono proprio il compagno, il familiare e l'amico a trasformarsi troppo spesso in molestatore ed in carnefice.
Bisogna educare alla parità di genere iniziando dalle famiglie e dalle scuole. La diversità va considerata un valore e dunque non deve essere discriminante da un punto di vista dei diritti.
Nelle scuole per fortuna ci sono molte misure per contrastare la violenza sulle donne, ed anche il bullismo e l'omofobia. È molto importante la questione del rinnovamento del linguaggio, affinché esso non sia sessista e si emancipi da certi stereotipi. Per questo gli insegnanti sono chiamati a formare e informare i bambini. I progetti proposti, come quelli inerenti l’educazione ai sentimenti, aiutano il bambino a costruire un pensiero non discriminatorio, educandolo alla parità di genere. Gli educatori possono fornire gli strumenti con i quali cogliere il valore relazionale del rapporto di coppia.
La narrazione, come quella della favola, è un ambito molto importante, dove si può liberare l’immaginario dei bambini da pregiudizi errati e nocivi. La nuova favola comprende insomma la libertà, il principio di autodeterminazione di ogni individuo, ed anche aiuta a conoscere i propri legittimi desideri.
Gli abusi molto spesso si trasformano in tragedie. Da un punto di vista del monitoraggio, sia privato che pubblico, bisogna dare il giusto valore a certi segnali. Troppo spesso l'uomo violento inizia con molestie tanto insidiose quanto difficili da riconoscere, che devono essere allarmanti, perché sono il viatico che può condurre ad eventi sempre più violenti che troppe volte addirittura culminano nello stupro e addirittura nell'assassinio. Troppe donne ancora vivono una condizione di solitudine e si sentono abbandonate dalle autorità competenti. In questo senso c'è ancora molto fa fare.
C’è un numero di pubblica utilità messo a disposizione 24 ore su 24, per le donne vittime di violenza, è il 1522. L’aumento dei contatti a questo numero prova la grave estensione del fenomeno della violenza sulle donne. Durante il corso della propria vita, il 31,5% delle donne ha subìto violenza fisica o sessuale. Questi dati Istat danno la misura della gravità di questo fenomeno. “La questione è delicata e riguarda un malessere sociale di violazione dei diritti umani oltre che di sanità pubblica”. L'aumento della consapevolezza e dunque delle reazioni che si sono registrate negli ultimi anni purtroppo non basta, bisogna ancora formare e informare, e creare una reta solidale.
L'impegno del centro Demetra
I dati Istat, raccolti grazie all’aiuto del Ministero delle Pari Opportunità, delle Regioni, delle Forze dell’Ordine, dei Centri antiviolenza, delle Case rifugio, sono chiari ed importanti. A Lamezia Terme, in occasione dell’evento “L’alba dopo la lunga notte”, del centro antiviolenza Demetra, sono stati presentati i dati relativi al fenomeno sulla violenza di genere qui nel nostro territorio, in collaborazione con altri centri come Il mago Merlino. Erano presenti, oltre al sindaco e ai componenti del centro antiviolenza, anche la responsabile del centro Marisa Meduli e la presidente dell’associazione Mago Merlino, Francesca Fiorentino, che ci spiega che cos’è e come funziona il centro.
«Demetra è lo spazio fisico e relazionale dove le donne che subiscono violenza-violazione trovano ascolto, condivisione, sostegno delle loro scelte nel rispetto della segretezza e dell’anonimato. Attraverso la relazione di aiuto», afferma Meduli. «Tutto parte da una rete istituzionalizzata di organizzazioni che da tanti anni svolgono attività a favore delle donne e che portano avanti il tema della parità di genere a seconda delle nostre specificità. Abbiamo le donne medico, le donne avvocate, abbiamo il consiglio di parità dell’ordine degli avvocati, il comune di Lamezia Terme, l’associazione progetto Sud, e dunque l'associazione Mago Merlino, nominata ente capofila».
JIl centro Demetra è un bene comune che con le collaborazioni di altri centri possano rafforzare l’impegno per ridurre ed eliminare il fenomeno sociale all’interno del territorio». Il centro offre, oltre all’accoglienza telefonica, anche la consulenza medica, le informazioni dal punto di vista legale, la consulenza psicologica, gruppi di sostegno e autoaiuto, l’accompagnamento rivolto alla ricerca di una soluzione abitativa e di una soluzione lavorativa.
I dati
Le donne prese in carico dal centro antiviolenza Demetra nell’anno 2023 sono state 69, mentre altre 36 persone, che sono entrate in contatto per svariati motivi, non sono state prese in carico. Il 67% di loro è di nazionalità italiana, mentre solo il 30% ha una provenienza extracomunitaria e solo il 3% proviene da paesi europei.
Le donne prese in carico hanno un’età compresa tra i 30 e i 39 anni e sono il 44% mentre il 26% ha un’età compresa tra i 40 e i 49 anni, il 9% tra i 50 e i 59 anni e solo il 6% hanno un’età compresa tra i 60 e i 69 anni.
Il 37% della violenza subita proviene dall’ex partner, mentre il 30% dal coniuge, in linea con il dato nazionale. La violenza di genere ha una connotazione familiare, avviene tra le mura domestiche, ecco perché è necessario un lavoro più accurato sulle famiglie e sull'educazione dei suoi membri.
Il 59% delle donne che hanno denunciato non ha figli, ma il restante 41% ha figli ed è un dato molto importante, perché anche i minori in questi casi sono delle vittime che vanno tutelati e presi in carico. I minori infatti hanno diritto a vivere lontano dalla violenza, in condizione di benessere e serenità.
La violenza di genere non ha una connotazione di povertà o di mancanza di titolo di studi.
Ad esempio, il 19% delle donne coinvolte sono laureate. È ciò che emerge dai dati e che riporta Marisa Meduli, la responsabile Scuola del Sociale durante l'incontro. Nelle cronache di tutta Italia come anche in Calabria, si parla spesso di violenza che va dalle minacce, alle molestie, dallo stalking, alla violenza fisica, sessuale fino a veri e propri delitti. Una condizione questa che non conosce differenza tra nord, centro e sud e neanche di un titolo di studio.
Si parla di amore malato. È un’emergenza sociale che richiede tutto l’impegno possibile. Bisogna parlarne, cercare di informare, e formare i giovani al rispetto, alla responsabilità ed all’ascolto. Nelle scuole bisogna lavorare sulle emozioni, sull’empatia, sulla cooperazione e sulla condivisione, per creare relazioni positive e paritarie fin dall’infanzia. Così facendo si aiuterà a sviluppare concretamente una società dove non ci siano discriminazioni, disparità, ma inclusività e rispetto reciproco tra i sessi. Il mondo oggi è animato dai social e dai social bisogna far proseguire un lavoro educativo che parte prima dalle famiglie e poi dalle scuole. Non dimentichiamo che la maggior parte delle violenze inizia proprio tra le mura domestiche, dove spesso un uomo maltratta la propria moglie e i propri figli con conseguenze dannose. L’esempio dei genitori è fondamentale per lo sviluppo mentale del bambino. È importante dare il giusto esempio.