L’ente ancora in default dopo il precedente crollo finanziario del 2013. Intanto i problemi e le difficoltà per la città capoluogo rimangono tutti sul tappeto
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Non c’è pace per il Comune di Vibo Valentia. Un ente che ormai vive da ben otto anni in stato di perenne dissesto finanziario. E il futuro prossimo, dopo la bocciatura di ieri da parte della Corte dei Conti del Piano di riequilibrio finanziario presentato dall’attuale amministrazione del sindaco Maria Limardo, non sarà certamente più roseo. La città tutta dovrà, infatti, fare ancora una volta i conti con un lungo periodo di difficoltà unite a legittime preoccupazioni. È evidente, tuttavia, che i problemi al Palazzo di Città non nascono oggi ma affondano le loro radici nel cattivo uso che si è fatto delle finanze pubbliche di Palazzo Luigi Razza e che si è consumato in anni e anni di altrettanta mala gestione della cosa pubblica.
Dissesto a Vibo, responsabilità di tutti
Probabilmente tutti hanno contribuito, a vario titolo e con diversi gradi di responsabilità, a non condurre la nave in un approdo sicuro. Con la conclusione che il Comune di Vibo Valentia rimane ancora una volta affossato da un enorme debito. Un disavanzo costituito da una massa passiva di diverse decine di milioni di euro. Quattrini che bisognerà necessariamente ripianare in un modo o nell’altro. Ci penserà la commissione straordinaria a rimettere in ordine i conti dell’ente appena si insedierà nuovamente tra gli uffici dell’ente. Era accaduto che arrivasse già a fine 2013 in occasione della prima dichiarazione di default per poi andare via appena lo scorso agosto a lavoro completato.
All’epoca governava l’ex amministrazione del sindaco Nicola D’Agostino e il Piano di riequilibrio finanziario venne bocciato ancora prima di arrivare alla Corte dei Conti della Calabria e al Ministero dell’Interno. Il documento venne respinto in Consiglio dalla sua stessa maggioranza di centrodestra che non volle dare fiducia in nessun modo al proprio primo cittadino, che invece di dimettersi decise di andare ugualmente avanti. Storia diversa oggi ma identico il destino: un ente sempre più attanagliato dai debiti, dall’approssimazione, dalle esigenze immancabili della politica che promuove anche chi non merita.
Il disastro finanziario a Vibo
E a conclusione di un inevitabile processo, che alla fine dell’ultima udienza porta tutti i nodi al pettine, resta una città capoluogo completamente attonita davanti a tanta incapacità amministrativa e a un alternarsi di assessori e giunte che, tirando le somme, nulla hanno prodotto se non un disastro finanziario, tranne poi sentire ribadire pubblicamente dalla classe politica di turno che i problemi sono stati ereditati. Sempre. Anche il sindaco Maria Limardo non si è sottratta a questa “tradizione”.
E ieri mattina ha dichiarato in conferenza stampa che questo dissesto «non può essere imputato a questa amministrazione, in due anni non si possono creare debiti per sessanta milioni di euro. Aspettiamo di leggere le motivazioni ma voglio che siano chiari alcuni elementi: il dissesto dell’ente non ricadrà in alcun modo sui cittadini. Letasse sono già al massimo e non ci sarà nessun aumento, questo sia chiaro. I cittadini non si allarmino». Nessuno si allarma. La città è talmente messa all’angolo che manca poco per il crollo finale: Vibo Valentia è già ultima in tutte le classifiche nazionali sulla qualità della vita. Si dirà: ma le statistiche ci sono per essere smentite. Difficile sostenerlo anche a Vibo Valentia. A queste latitudini sono fin troppo evidenti i problemi, i disagi e le difficoltà di ogni genere che la città deve quotidianamente affrontare, unitamente ai suoi cittadini, senza che nessuno dia una risposta e una prospettiva di cambiamento: servizio idrico, gestione rifiuti, riscossione dei tributi, viabilità di borbonica memoria, commercio al collasso, traffico impazzito. E poi l’ambiente, la costa e il mare non sempre pulito, un porto simile a un laghetto per pescare trote. La fuga dei giovani.
Vibo, la rabbia e l’orgoglio
Una città, ancora, diventata capoluogo di provincia e poi puntualmente depredata di qualsiasi ufficio regionale e ministeriale senza che la classe politica locale sapesse difendere ciò che prima altri hanno conquistato, mentre al Comune ci si autoassolve da ogni colpa. Un deserto istituzionale, insomma, che contribuisce giorno dopo giorno a creare ulteriore povertà e non sviluppo, ricchezza. E alla fine di questa triste storia cosa rimane? Si spera possa rimanere un po’ di rabbia e tanto orgoglio nei vibonesi. La prima nella giusta dose potrebbe consentire di lavorare per una svolta, individuando per il futuro dritte vie da percorrere, eliminando magari le scorciatoie promesse da figure simili al Gatto e alla Volpe, l’orgoglio invece permetterebbe di continuare a volere bene alla propria città ed a non perdere quel senso di appartenenza che spinge a trovare soluzioni e non ad alimentare problemi.
Ultima nota: servirà anche che i cittadini abbiano memoria lunga per sapere indirizzare le loro scelte, le loro aspettative, le loro attese. E perché no, il loro desiderio di vivere nuovamente in una città semplicemente normale.