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Può un colosso internazionale come Red Bull prendersela con una piccola azienda del crotonese accusandola di avere creato una bibita che per nome e marchio può essere confusa con la bevanda energetica per antonomasia? E’ quello che è successo alla Re Drink che non solo si è trovata suo malgrado ad affrontare una causa con l’azienda austriaca che impiega 8.966 persone in 165 paesi e ha un fatturato di 4,930 miliardi di euro, ma è anche riuscita a spuntarla.
Tutto ha avuto inizio nel 2012 quando, a soltanto pochi mesi dall’uscita sul mercato di Re Drink, i due soci in affari Lerro e Villirillo si videro arrivare un ricorso, in particolare, contro l'iscrizione del marchio e della bevanda dinanzi al ministero dello Sviluppo - ufficio brevetti e marchi - con l’accusa di creare confusione nei consumatori che avrebbero potuto scambiare una bibita per l’altra.
Dopo tre difficili anni in cui l’azienda crotonese non ha potuto intraprendere tutte le iniziative imprenditoriali e di espansione in programma, il ministero dello Sviluppo economico, ha dato ragione a Re Drink, perché la bevanda, né per nome né per marchio, potrebbe trarre in inganno i consumatori. Riprende così il percorso di ascesa di Re Drink, bevanda a base di bergamotto, mirtillo rosso e lime, energetica ma senza caffeina e taurina ma con estratti di ginseng e guaranà.