La Corte di Cassazione conferma la sentenza di secondo grado a nove anni di reclusione (la metà degli anni rispetto al primo grado) per Alessandro Manzi, l’uomo che si è autoaccusato di avere ucciso il padre Mario nel 2017 a colpi di fucile, costituendosi successivamente alla giustizia. La difesa, rappresentata dall’avvocato Ettore Zagarese, è riuscita a dimostrare come non vi fosse l’aggravante della premeditazione e ad escludere il beneficio delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante della provocazione. 

L’aspetto di non poco rilievo è che all’esito del verdetto, l’imputato accompagnato dal suo difensore, si è costituito, volontariamente, alla locale Casa Circondariale al fine di espiare la pena residua avendo voluto evitar l’inoltro di ogni richiesta volta al differimento della condanna o alla sua sostituzione con altra. «Il giovane Manzi interpellato dal mio studio - ha affermato l'avvocato Ettore Zagarese - perché valutassimo la proposizione di richiesta a pene alternative che lo sottraessero al regime carcerario, ha inteso non attivare alcuna istanza volendo pagare il suo debito con la giustizia e non intendendo sottrarsi alle sue responsabilità così come fatto sin dall’inizio di questa triste vicenda».