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A distanza di 25 anni dalla morte del brigadiere Antonio Marino, il carabiniere ucciso in un agguato il 9 settembre del 1990 a Bovalino nella locride, giustizia è stata fatta. La Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di carcere, già disposta nel luglio scorso dai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria, nei confronti di Francesco Barbaro, classe 1927, e Antonio Papalia, classe 1954. Durante l'agguato, avvenuto mentre erano in corso i festeggiamenti per la festa in onore della Modonna, verrà ferita anche sua moglie, Vittoria Rosetta Dama la quale si è costituita parte civile nel processo insieme ai due figli. Decisive per la conclusione del processo sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Cuzzola. Il pentito riferirà che l'omicidio del brigadiere è stato ordinato dai boss di Platì, Antonio Papalia, Giuseppe Barbaro (cl. 48), Francesco Barbaro e Giuseppe Barbaro (cl. 56). Marino doveva pagare con la vita i cinque anni passati a Platì durante i quali non ha mai smesso di dare la caccia alle 'ndrine del posto. Nonostante il trasferimento nella piana di Gioia Tauro, i boss della locride, non perdonano e decidono di farlo fuori ugualmente aspettando il suo rientro in paese la sera del 9 settembre e, mentre era seduto ai tavolini del bar gestito dai suoceri, gli hanno scaricato addosso dieci proiettili. Morirà quindici giorni dopo.