STORIE DI FEDE | «Natuzza aveva predetto tutto ma non avevo capito»

La testimonianza di Paolo Mario Scarlata nel settimanale “Miracoli” racconta l’incontro con la mistica di Paravati: «Sono passati 40 anni, il mio ricordo è vivo»
di G. D.A.
24 maggio 2018
13:10

Di Natuzza Evolo, la mistica di Paravati conosciuta per il dono delle stimmate e dell’illuminazione diagnostica, ovvero la capacità di diagnosticare con esattezza una malattia e suggerirne la cura migliore, storie ce ne sono tante. La gente iniziò a frequentare la sua casa per un consiglio, una richiesta d’aiuto o una preghiera fin dal 1937. Da quella data, Natuzza aprì le porte a tante persone in difficoltà, tanti giovani. Interloquiva con Gesù, la Madonna e gli angeli ed era in grado di dare risposte lapidarie nella loro semplicità. Non sempre venivano colte nella loro totalità nel momento in cui giungevano all’orecchio dell’interessato.

La testimonianza di Paolo Mario

È quanto accaduto a Paolo Mario Scarlata nei primi anni Ottanta. La sua testimonianza è stata raccontata in prima persona all’interno del settimanale “Miracoli”. Un fiume in piena di ricordi, sensazioni, profumi. Lavorava come rappresentante di commercio e iniziò a soffrire di depressione. Un’altalena di stati d’animo che lo portò a frequentare lo studio del dottor Pietro Cristiano. Sarà proprio lui, al margine di una seduta ad invitarlo a fargli compagnia nel suo viaggio verso Mileto.


L'incontro con Natuzza Evolo

Dall’odore di vaniglia e rose, allo sguardo caldo, l’incontro con Natuzza avviene nella modesta abitazione della donna, in una stanza circondata da quadri ed immagini di santi. Lì, la mistica lo rassicurò sulle condizioni di salute della madre (affetta da Alzheimer), lo spinse a prendersi cura di lei e riferì che non avrebbero potuto godere ancora molto di Pietro, lo psichiatra. Frasi che generarono confusione nella giovane mente del ragazzo ma anche speranza: «mia madre avrebbe vissuto ancora. Pietro Cristiano – scrive Paolo Mario – si sarebbe sposato da lì a qualche anno e dopo un po’ di tempo sarebbe morto. In utili e vane sarebbero state le cure». Dopo 40 anni «il mio ricordo è vivo come quando la incontrai».

g.d'a. 

 

 

Giornalista
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