Sono nove complessivamente gli indagati nell'ambito di un'inchiesta coordinata dalla Procura di Catanzaro che avrebbe portato alla luce un'associazione a delinquere per questioni legate a testamenti risultati falsi. In manette anche l'avvocato di Catanzaro Raffaele Bruno che è stato posto ai domiciliari. Il legale è noto anche perchè nella passata consiliatura guidata dal centrodestra, è stato amministratore unico dell’Amc, municipalizzata che si occupa del trasporto pubblico cittadino.

Gli arrestati

In particolare in carcere sono finiti Marco Scalzo e Luciano Crispino. Ai domiciliiari sette persone: Ortenzia Fabiano, Roberto Barbuto, Sonia Matera, Giuseppe Aiello, Sara Moumen, Gianfranco Cappellano, Elio Raffaele Bruno.

I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, truffa, falsità in testamenti, riciclaggio ed auto riciclaggio, accesso abusivo a sistema informatico e corruzione.

Le indagini e il modus operandi

L’indagine avrebbe accertato l’esistenza di un sodalizio criminale dedito alla falsificazione di testamenti e al successivo reimpiego delle somme illecitamente introitate (quasi 1,5 milioni di euro complessivi) sia nei conti correnti personali che in quelli di alcune aziende riconducibili agli indagati, il tutto anche con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di aziende fantasma intestate a prestanome o comunque sempre riconducibili agli indagati.

In merito al modus operandi dell’organizzazione, in buona sostanza, alcuni dei sodali avrebbero individuato persone in età avanzata, privi di familiari, che avevano a disposizione cospicue somme di denaro depositate presso Poste Italiane, mentre altri avrebbero provveduto a reperire tutta la documentazione inerente il defunto. Successivamente veniva selezionato un erede ad hoc, contestualmente veniva pubblicato il testamento, evidentemente falso, e tramite un procuratore speciale appositamente nominato, incassata l’eredità o, come accertato in alcuni casi, emergeva il tentativo di riscuoterla. In ragione di ciò, prima di incassare l’eredità gli indagati avrebbero aperto una serie di conti correnti i quali risultavano essere riconducibili ai falsi eredi appartenenti al gruppo in questione, o a società false ed inesistenti.

Coinvolto anche un dipendente di Poste

Nell’attività è risultato coinvolto anche un dipendente di Poste italiane che, accedendo illecitamente ai sistemi telematici interni, ricercava e indicava i soggetti, quasi sempre privi di discendenti diretti e con ampi patrimoni mobiliari, per i quali procedere alla falsificazione, ottenendo in cambio somme di denaro.

Alcuni degli indagati, tra i quali alcuni professionisti, poi, si prestavano, nelle fasi di apertura dell’eredità, quali testimoni o procuratori speciali in sede di esecuzione dei testamenti, pur a conoscenza della loro falsità.

Oltre alle misure cautelari personali, a carico degli indagati, sono stati poi eseguiti sequestri preventivi di natura patrimoniale sia dei conti correnti che dei beni immobili e mobili.