Secondo Strasburgo «lo Stato non ha gestito con diligenza una situazione così grave nota da anni» in un'area in cui vivono quasi tre milioni di persone e che ha visto aumentare i casi di cancro
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La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per non aver affrontato il problema dell'interramento e dello scarico di rifiuti tossici da parte di gruppi criminali organizzati nella Campania meridionale. Con un verdetto unanime, la Cedu ha stabilito che l'Italia ha violato l'articolo 2 – il diritto alla vita – della Convenzione europea dei diritti dell'uomo perché le autorità italiane avrebbero messo in pericolo gli abitanti di una vasta area tra Napoli e Caserta.
La Corte, che ha dato a Roma due anni di tempo per elaborare una “strategia globale” per affrontare la situazione in un'area in cui vivono quasi tre milioni di persone e che ha visto aumentare i casi di cancro, ha rilevato che «lo Stato italiano non ha affrontato una situazione così grave con la diligenza e la tempestività necessarie – nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni – in particolare nel valutare il problema, nel prevenire la sua continuazione e nel comunicare al pubblico interessato», ha dichiarato in una sentenza schiacciante.
Nello specifico, la Cedu ammette che per i residenti in quelle zone c'è un rischio per la vita «sufficientemente grave, reale e accertabile», e anche «imminente»; e specifica che l'Italia non ha saputo gestire in modo adeguato il fenomeno, valutandone con ritardo e lentezza l'impatto sulla vita dei residenti, non avviando le iniziative penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti. Inoltre, era necessaria una strategia di comunicazione per informare sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. La strategia globale – richiesta dalla Corte nella sua capacità di far rispettare le sentenze – dovrebbe prevedere l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio indipendente e la creazione di una piattaforma di informazione pubblica.
Per decenni, i rifiuti industriali, spesso provenienti dal Nord Italia, sono stati bruciati all'aperto in questa vasta area, soprannominata “Triangolo della morte”. Invece di pagare somme esorbitanti per smaltirli legalmente, le aziende pagavano alla mafia camorrista una frazione del costo per scaricarli in campi, pozzi e laghi.
Il tribunale ha dichiarato che la causa è stata intentata da 41 cittadini italiani, residenti nelle province di Caserta e Napoli in Campania, e da cinque organizzazioni regionali con sede in Campania. Ha aggiunto che durante i due anni che Roma ha a disposizione per elaborare la sua strategia, i 36 ricorsi pendenti relativi a circa 4.700 richiedenti sulla questione saranno rinviati.
Il legale: «È una sentenza storica e dettagliata»
«Una sentenza storica» quella emessa oggi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo che si è pronunciata sul caso Cannavacciuolo e altri, come è conosciuto alla Cedu il ricorso di comitati e residenti noto come Terra dei fuochi. Lo Stato italiano, infatti, è condannato «per violazione dell'art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo», e la Corte europea «ha riconosciuto l'esistenza di un pericolo concreto, reale, e imminente per la salute dei cittadini campani». A dirlo, l'avvocato Valentina Centonze, che assiste 71 ricorrenti residenti in Terra dei fuochi insieme ad Antonella Mascia, Armando Corsini e Ambrogio Vallo.
La sentenza «prevede l'accertamento dell'esistenza di un rischio; l'esistenza di un obbligo di protezione non vanificato dalla mancanza di certezza scientifica circa gli effetti precisi che l'inquinamento potrebbe avere sulla salute del richiedente; la mancata adozione da parte delle autorità del problema Terra dei fuochi con la diligenza giustificata dalla gravità della situazione e di tutte le misure necessarie proteggere la vita dei ricorrenti; la mancanza di una risposta sistematica, coordinata e strutturata», spiega.
La Corte ha anche stabilito «misure generali dettagliate da attuare entro due anni dalla sentenza definitiva per affrontare il problema Terra dei fuochi. La necessità di una strategia globale che riunisca le misure previste, un meccanismo di monitoraggio indipendente e un piattaforma informativa» e si riserva «di valutare danni morali ai ricorrenti in base al comportamento delle autorità governative circa gli strumenti individuati per supplire alle carenze segnalate e le misure correttive raccomandate dalla Corte ai sensi dell'articolo 46 della sentenza».
«Con tale pronuncia la Corte ha accertato che le condotte, anche omissive, lamentate dai ricorrenti erano state effettivamente poste in essere dallo Stato Italiano ed ha altresì evidenziato che dalla data di notifica dell'ordinanza di ammissibilità del ricorso, risalente al marzo del 2019, alla data di decisione del giudizio, nulla è stato fatto dalle Autorità per emendare al danno provocato all'ambiente ed alla salute nei territori colpiti dal disastro ambientale. In ragione di ciò ha raccomandato allo stato italiano di provvedere entro due anni dalla sentenza ad effettuare una mappatura e bonifiche dei territori inquinanti, nonchè a istituire una piattaforma di monitoraggio indipendente, subordinando all'ottemperanza a tali raccomandazioni la valutazione circa il risarcimento dei danni morali alle vittime», conclude il legale.
Picierno: «Subito un piano per tutelare la salute»
«Il pronunciamento della Corte europea dei diritti umani è perentorio e inequivocabile – commenta in una nota la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno (Pd) –. Il Governo e tutti gli attori istituzionali si confrontino per attuare un piano che contrasti concretamente l'inquinamento, salvaguardi il territorio e la salute pubblica. La questione riguarda 3 milioni di persone e un tessuto urbano, agricolo e sociale in cui si registra, come rilevato dalla Cedu, un aumento dei tassi di cancro e dell'inquinamento delle falde acquifere. Tutto ciò lo dobbiamo a chi nel corso dei decenni ha usato il nostro territorio come base dei propri affari criminali. Non bastano annunci e proclami, serve immediatamente un piano operativo di intervento a tutela dei cittadini campani».