Una sola Rems in tutta la Calabria, solo venti posti a disposizione. E così chi nella nostra regione ha commesso un reato ed ha un disturbo psichiatrico non va, come dovrebbe essergli garantito, in una struttura destinata a prendersene cura da un punto di vista sanitario, le residenze per l’esecuzione di misure di pubblica sicurezza appunto, ma resta in carcere.

 

Un tema delicato e spinoso questo, che in tanti rifuggono, ma che riguarda l’Italia intera dopo la chiusura degli Opg, ospedali psichiatrici giudiziari, e che ha visto l’intervento anche della Corte Europea. A farsi promotrice di questa battaglia è l’avvocato calabrese, lametino, Serena Galeno, professionista tanto determinata e preparata, quanto schiva.

 

Si deve a lei il riconoscimento di un ristoro economico a Pino Astuto, internato nel manicomio di Girifalco da bambino, senza che avesse alcuna patologia. Una storia andata in prescrizione, su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo, una storia che però non poteva passare in sordina e, alla fine, ha trovato un “risarcimento” economico, seppur minimo rispetto a quanto patito, ma anche un riconoscimento umano e sociale.

 

Ora questo nuovo scoglio. «In ipotesi di applicazione di misura cautelare in carcere con conseguente richiesta di accertamento psichiatrico, acclarata l’incapacità di intendere e volere al momento della commissione del fatto-reato e congiuntamente la pericolosità sociale ed applicata la misura di sicurezza del ricovero in rems – spiega Galeno - non può mantenersi l’originario titolo custodiale cautelare, in quanto carente del presupposto che lo aveva legittimato.

 

In tali casi, il detenuto deve essere scarcerato e contestualmente ricoverato in rems. Tuttavia, a causa della cronica insufficienza dei posti disponibili all’atto della scarcerazione i detenuti restano di fatto in carcere sine die, in attesa dello scorrimento della lista di attesa nella rems individuata dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sulla scorta del criterio della territorialità».

 

Nel caso della Calabria la residenza è una sola, si trova a Santa Sofia d’Epiro in provincia di Cosenza, dove è sorta nel 2016. La struttura, di proprietà dell’Asp, è gestita dal centro di solidarietà Il Delfino. L’equipe, guidata da un direttore sanitario per conto dell’Asp di Cosenza, è composta da psichiatri, psicologi, assistenti sociali, educatori, infermieri e oss. Solo venti i posti a disposizione e le liste d’attesa sono ferme al 2018. Questo significa, in soldoni, che c’è chi dal 2018 è in carcere, attendendo si liberi per lui un posto.

 

Il giudice deve bilanciare da un lato l’interesse della collettività e/o della vittima (ritenendolo prevalente) dall’altro quello alle cure, e si trova costretto a far trattenere nelle more il malato psichiatrico in carcere e ad ordinarne l’immediata liberazione soltanto all’atto del ricovero all’interno della Rems.

 

«È assolutamente necessario - sottolinea il legale - un intervento istituzionale, finalizzato all’aumento dei centri rems, ovvero alla individuazione di strutture alternative per la custodia dei soggetti non imputabili e di cui sia stata accertata la pericolosità, destinatari, dunque, di una misura di sicurezza detentiva, atti a garantire quantomeno una collocazione provvisoria in attesa dello scorrimento delle liste di attesa delle rems, che possono essere anche di anni».

 

Secondo gli ultimi dati ufficiali le rems in Italia sono 30 e ospitano circa 600 persone. L’accordo concernente disposizioni per il definitivo superamento degli Opg ha ribadito che spetta alle Regioni e alle Province Autonome garantire l’accoglienza nelle proprie Rems delle persone sottoposte a misura di sicurezza detentiva residenti nel proprio ambito regionale o provinciale.

 

Le Regioni devono provvedere ad una idonea programmazione che tenga conto delle esigenze in corso e a venire, con specifico riguardo all’evoluzione del numero dei propri pazienti. Il dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) svolge esclusivamente una attività di raccordo con le autorità giudiziarie, fornendo l’indicazione della residenza attiva sul territorio per il ricovero.