Quelle di Caterina, Giovanni e Giusy sono solo le ultime tre vite andate perdute a causa dell’inadeguatezza di una strada maledetta. Prima di loro, quasi nello stesso punto, altri nove abitanti della zona erano morti in seguito ad incidenti tutti molto simili tra loro.

Lo stesso giorno della tragedia che ha investito il piccolo comune di Careri (poco più di 2mila abitanti spalmati in tre frazioni urbane all’ombra dell’Aspromonte) sulla stessa strada si sono verificati almeno altri due incidenti per fortuna senza conseguenze gravi. Asfalto vecchio e rattoppato, misure di protezione passiva quasi inesistenti, tornanti pensati male e realizzati peggio: i problemi della provinciale che da Bovalino raggiunge Platì attraversando il territorio di Careri e Benestare sono comuni alle tante strade interne che dal mare si arrampicano nell’entroterra. Problemi che gli abitanti del reggino conoscono bene e che, quando piove, aumentano esponenzialmente.

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«Abbiamo un finanziamento pronto di due milioni di euro per mettere in sicurezza proprio il tratto di provinciale teatro dell’ennesima strage – dice Domenico Mantegna, sindaco di Benestare e consigliere delegato ai lavori pubblici per la città metropolitana –. Si tratta di lavori importanti di manutenzione ma l’unica soluzione risolutiva sarebbe quella della realizzazione della trasversale, che noi come città metropolitana abbiamo messo al secondo posto come priorità nel nostro piano strategico, dietro solo ai lavori per il retro porto di Gioia. Un’opera del genere però non può essere solo di nostra competenza, deve essere considerata come opera di interesse nazionale e anche il Governo centrale deve prendersi le sue responsabilità».

Un tratto di strada maledetto che continua a mietere vittime quello che costeggia la fiumara Careri, in attesa della realizzazione della fantomatica Bovalino-Bagnara, la trasversale che avrebbe dovuto collegare le coste dello Jonio a quelle del Tirreno (salvando così dall’isolamento una decina di comuni montani e premontani su entrambi i versanti) e che è rimasta ennesima incompiuta di un pezzo di Calabria che, quando va bene, è costretta a muoversi su arterie che risalgono alla metà del secolo scorso. E dire che un pezzettino della prevista trasversale, una decina di anni fa, lo avevano anche inaugurato. Poco meno di un chilometro in tutto, che già risente del passare del tempo.

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Il progetto dell’opera – immaginata per la prima volta negli anni ’70 dall’ingegnere Antonino Brath – prevedeva la sostituzione della vecchia statale costruita negli anni ’20 e venuta giù, a monte di Platì, decenni addietro, con un moderno percorso che avrebbe dovuto collegare la statale 106 con l’autostrada Salerno-Reggio. Un sogno finanziato solo per metà ai tempi della Provincia guidata da Pietro Fuda – il traforo attraverso lo Zilastro non aveva comunque copertura finanziaria – e naufragato miseramente quando si capì che i nuovi piloni del viadotto in costruzione sulla fiumara, erano stati realizzati in zone soggette a dissesto idrogeologico. Un errore così marchiano che diverse case della zona subirono danni ingenti per via degli smottamenti del terreno seguiti ai lavori. Un errore che ha dato il via ad una serie di contenziosi giudiziari i cui strascichi si trascinano fino ad oggi, e che ha lasciato i cittadini della zona in balia dell’ennesima strada killer nella Locride.