L’imbroglio

«Soldi falsi e fogli di giornale anziché i 110mila euro pattuiti per la cocaina»: i narcotrafficanti calabresi truffati in Sicilia

I dettagli del raggiro in un’inchiesta della Dda di Catania. Finisce male uno degli affari di due broker vicini alla cosca Pelle: «Sapevano che non contavate i soldi». Il racconto del pentito: «Feci conoscere io i due gruppi, i siciliani si presentarono con nomi falsi»

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di Pablo Petrasso
22 giugno 2024
20:08

Soldi falsi (ma «non tutti») e fogli di giornale: undici mazzette tenute insieme con lo scotch. Anziché i 100mila euro pattuiti per il pagamento di tre chili di cocaina, nel borsone destinato ai calabresi c’erano i fogli della Gazzetta del Sud e della Sicilia. Una truffa ai narcotrafficanti che, secondo la Dda di Catania, sarebbero legati al clan Pelle Gambazza di Platì. Protagonista del raggiro, tra gli altri, Enzo Timonieri, uomo ucciso a inizio 2021 il cui cadavere è stato trovato quattro mesi dopo in un terreno nei pressi del mare, sempre a Catania.

L’inchiesta siciliana ha portato, nei giorni scorsi, a 13 arresti per traffico di stupefacenti: base dei fornitori in Calabria e due referenti reggini trasferiti in Sicilia per gestire meglio gli affari. Si tratta di Bruno Cidoni, 50 anni di Melito Porto Salvo, e Antonio “D’Artagnan” Pezzano, 31enne nato a Locri. Tra gli autori della truffa anche Sam Privitera, 27enne che a maggio è stato condannato all’ergastolo con l’accusa di essere uno dei mandanti del delitto Timonieri.


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La truffa della cocaina: «Erano abituati che non vi contavate i soldi»

Il dialogo riportato nelle carte dell’inchiesta è da Breaking Bad di provincia. «Dovevano essere 110mila, 109mila», dice Cidoni al suo interlocutore. Che si stupisce: «Tutti falsi!». «Giornali dentro, non tutti falsi, la Gazzetta del Sud, la Sicilia», risponde il calabrese. Chi gli sta davanti sentenzia: «Erano abituati che non vi controllavate i soldi». Cidoni conferma: «Hanno fatto undici mazzette in quel modo, lui (Antonio Pezzano, ndr) quando ha preso la busta se ne è venuto subito, non ha calcolato il peso per 110mila euro».

La storia viene raccontata dal collaboratore di giustizia Antonino Sanfilippo – reo confesso del delitto Timonieri assieme al fratello Michael – in un verbale del 5 giugno 2021. Il pentito spiega di aver «fatto conoscere i calabresi a Sam Privitera per fargli acquistare delle cocaina (…). Si trattava di due soggetti ma io ne conoscevo uno soltanto e in quella occasione non ci fu nessuno scambio di droga».

Il pentito: «Il calabrese cercava Timonieri»

Sanfilippo dice che «l’accordo che aveva a oggetto la cessione di 3 kg di cocaina a fronte di un pagamento di 105mila euro fu raggiunto tramite messaggio» e ricorda «che in quella circostanza i 3 kg di cocaina furono pagati con 105mila euro in banconote false per fargli la truffa. Voglio precisare che Sam Privitera mi disse quello stesso giorno che voleva fargli la truffa con i soldi falsi e io risposi che per me era indifferente perché li avevo solo messi in contatto». Lo scambio della droga in cambio di soldi falsi e giornali sarebbe avvenuto nell’ottobre 2020. I calabresi si sarebbero poi rivolti a Sanfilippo per sapere se conoscesse i ragazzi della truffa: «lo gli dissi che non li conoscevo ma compresi subito che loro in realtà avevano saputo chi fossero perché mi avevano mandato un messaggio chiedendomi se era stato Sam Privitera a truffarli».

In un successivo interrogatorio, il pentito chiarisce che «Sam ed Enzo si presentarono con dei nomi falsi» e che, subito dopo aver consegnato la borsa con le finte banconote, «Sam Privitera aveva staccato il telefono e si era reso irreperibile al calabrese». In particolare, continua il collaboratore di giustizia, «il calabrese cercava “quello con la barba”, ovvero Enzo Timonieri, perché mi disse che voleva “darlo in pasto ai porci”, e ciò credo perché Timonieri quando si incontrarono fece molto lo spavaldo» e «forse fu lui a consegnare la borsa con le banconote false».

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