REGGIO CALABRIA - Proseguirà con il rito ordinario il processo nei confronti di Chiara Rizzo e Martino Politi. Lo ha deciso il gup di Reggio Calabria accogliendo la richiesta dei legali dei due imputati nel processo per il presunto aiuto fornito all'armatore ed ex deputato di Fi Amedeo Matacena a sottrarsi all'esecuzione della condanna a 3 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e a schermare i suoi beni per sottrarli ad eventuali sequestri. La prima udienza del dibattimento davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti della moglie e del collaboratore di Matacena è stata fissata per l'11 febbraio prossimo. Al momento non è prevista la riunificazione con il dibattimento, già avviato, nei confronti dell'ex ministro Claudio Scajola e della segretaria di Matacena Maria Grazia Fiordalisi. Prosegue in abbreviato, davanti al gup, invece, il processo a carico di Roberta Sacco, già segretaria di Scajola. Per lei la prossima udienza è stata fissata al 12 febbraio. (Aggiornamento 16:26)

 

Reggio Calabria – Hanno chiesto di ritornare al rito ordinario l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, la moglie chiara Rizzo e lo storico collaboratore Martino Politi. Tutti imputati, nel processo breakfast, per aver aiutato Matacena a sottrarsi alla condanna definitiva per mafia nonché ad occultare il suo immenso patrimonio. Insieme a loro, imputata nel processo, anche Roberta Sacco, segretaria dell’ex ministro Claudio Scajola che ha scelto, però, di affrontare il processo con rito abbreviato. Sarà il Gup, ora, a decidere, le modalità per riunire il procedimento della Rizzo, di Politi e Matacena con quello già in rito ordinario di Claudio Scajola e della segretaria dei Matacena Mariagrazia Fiordalisi. Questa svolta è stata scelta dai legali dei Matacena e dal loro storico collaboratore in seguito alla modifica del capo di imputazione e l’aggiunta dell’aggravante mafiosa.

 

Gli inquirenti sottolineano che Amedeo Matacena avrebbe avuto il ruolo di “interfaccia della 'ndrangheta, nel processo di espansione dell'organizzazione criminale, a favore di ambiti decisionali di altissimo livello”. Per la Dia, infatti, la Congem, riconducibile ai Matacena, avrebbe spartito gli appalti pubblici di Reggio Calabria tra i più noti clan del reggino. “Tali rapporti contrattuali – scrivono gli inquirenti – costituivano lo strumento per affidare parte dei lavori relativi alle opere pubbliche già richiamate a soggetti direttamente o indirettamente inseriti nella, o comunque riferibili alla predetta organizzazione criminale di tipo mafioso, con la conseguente volontaria agevolazione del predetto sistema criminale mediante la canalizzazione a suo favore dei connessi vantaggi patrimoniali di rilevante entità”.

 

Secondo il Pm Lombardo, questa organizzazione sarebbe “interessata a mantenere inalterata la piena operatività del Matacena e della galassia imprenditoriale a lui riferibile, costituita dalle molteplici società ed aziende prima indicate ed altre in corso di individuazione, che venivano utilizzate, dietro articolate ed indispensabili operazioni di interposizione fittizia in grado di superare gli sbarramenti costituiti dalle informazioni prefettizie, per schermare la vera natura delle compagini sociali, dei consorzi e delle associazioni temporanee di imprese”.