I due schieramenti in vista del voto del 13 novembre marciano ignorandosi, ma diversi fatti dimostrano che nell’assenza di accuse e polemiche va in scena un fair play assai sospetto. Gli osservatori, notando ancora sotterrata l’ascia di guerra, mettono insieme almeno tre fattori che giustificherebbero non l’esistenza di un clima di concordia vera, quanto di qualche forma di inciucio, viste le già documentate controindicazioni dei due capilista. 

 

 San Ferdinando al voto, la biografia “riservata” e controindicata dei due candidati a sindaco

 

Giovedì Andrea Tripodi ha presentato la lista e non ha detto nulla del suo avversario Michele Oliva. Questa non belligeranza è una scelta strategica di chi si sente avanti nei sondaggi, oppure l’ex sindaco rispetta un “patto tra gentiluomini” frutto dei trascorsi politici comuni con l’avversario che fu suo assessore ?


Martedì prossimo, quando a presentarsi sarà Oliva, forse si vedranno i primi colpi in canna di una campagna elettorale soporifera, esito di una fase senza trattative pubbliche, manifestazioni popolari, riunioni aperte.

 

E la sera tutti da... Lillo

Il secondo fatto che gli analisti aggiungono, dovendo sviscerare il contesto in cui questo turno elettorale straordinario si muove – dopo il terzo scioglimento per mafia del consiglio comunale – è radicato proprio nell’evento della settimana entrante: la lista “Noi abbiamo un sogno” si presenta nel ristorante di un imprenditore che è candidato con l’avversario Tripodi, Lillo Laganà. Scambio di “cortesie” tra contendenti ? Ramoscelli di ulivo offerti in questo clima di amicizia che ammazza le differenze programmatiche tra chi aspira a guidare il piccolo centro dell’area portuale ?
Domande che ai più non sembrano peregrine, nei giorni in cui la presidente della commissione bicamerale antimafia, Rosy Bindi, ha confermato l’attenzione degli organi preposti rispetto al turno elettorale di Africo e San Ferdinando.

 

La colomba e la civetta
C’è un terzo fatto per capire se la distensione è il segno di un riallineamento spontaneo, oppure è il risultato di una pax benedetta anche dai clan. Dopo gli arresti eccellenti delle operazioni “Eclissi” e “Reghion”, l’avvio dei processi alle cosche Pesce e Bellocco – egemoni anche tramite delle alleanze locali parecchio scricchiolanti in passato – non manca chi collega il disgelo tra i poli al misterioso epilogo delle trattative per la formazione delle liste, in particolare quella di Oliva, chiusa l’ultima notte e solo con 10 candidati dei 12 possibili. Quest’ultimo schieramento è la classica “lista civetta”, ovvero formata al solo scopo di far tenere la competizione che sarebbe stata a rischio quorum se si fosse candidato il solo Tripodi ?


Sarà il prosieguo della campagna elettorale a spiegare di che natura è il silenziatore che si sente e, soprattutto, chi sia l’entità che l’ha imposto.

 

Torna Costa, una vecchia conoscenza 
Non mancano altri elementi di congiunzione tra le forze in campo, che confermerebbero il gusto di minestra riscaldata e di minestrone politico.


Il candidato Salvatore Costa, schierato con Oliva, è tra questi.


Come gli aspiranti primo cittadino, egli ha alle spalle la partecipazione a 2 civici consessi sciolti per mafia. Torna in politica ma è una “vecchia conoscenza” anche per la prefettura.


Infatti sul suo conto si annota molto nella Relazione della Commissione d’accesso che LaCnews24 ha visionato in esclusiva, e che portò allo scioglimento della seconda amministrazione Barbieri, durata meno di un anno, nel 2008. Costa è più volte affiancato al nome del suo odierno avversario Tripodi, facevano infatti parte dello stesso gruppo di opposizione. «E’ stato tratto in arresto il 10/07/1997 – scrivono i commissari – per la produzione e spaccio di sostanze stupefacenti». Al di là dell’esito giudiziario della vicenda, che oggi lo renderebbe candidabile, sono almeno tre le cose che rendono ancora interessantissimo il curriculum politico di Costa.


«E’ coniugato – prosegue la Relazione – con (…) che risulta denunciata per falsi in genere e truffa nel 1999. La stessa è cugina di primo grado di Pesce Savino, elemento di spicco della consorteria mafiosa Pesce di Rosarno». Una controindicazione che gli ha già prodotto delle grane visto che «nel 2003 è stato sospettato di aver minacciato ed intimidito un gruppo familiare, al fine di ottenere voti per le elezioni amministrative».

 

Una ditta è per sempre 
Vi è poi un terzo fatto che completa l’identikit del candidato intramontabile e multipolare. I commissari accendono i riflettori sulla ditta CServices, formata da uno dei figli del politico. Costa, navigando da una consiliatura all’altra – prima con Tripodi, poi con Oliva, senza mai trovare in loro il fatidico “comandante Schettino” - assiste anche all’ascesa dell’impresa che opera nel campo delle pulizie. «La ditta – annota la Relazione – si costituisce il 2|4|2007 (prima amministrazione Berbieri, ndr) e in brevissimo tempo vince due gare d’appalto». Sono 7 le pagine del documento che spiegano vizi procedurali, sospette compiacenze degli uffici, coincidenze di una società che si aggiudica la pulizia del Municipio e la manutenzione del verde pubblico. «La ditta – scrivono i commissari in merito al primo appalto perfezionato quando Costa era nel gruppo del suo odierno avversario Tripodi, quindi impegnato in una opposizione inesistente – non possedeva le caratteristiche per essere invitata alla gara». Non era in regola, ma ha pulito gli uffici pur avendo un «oggetto sociale» diverso. Nel secondo appalto l’impresa, pur non essendo stata invitata, è stata favorita dalla precedente revoca della gara favorevole ad altra «ditta che invece aveva i requisiti».

 

Costa, la concordia e il prezzo salato 
Per Costa la conoscenza dei tempi e delle occasioni della macchina amministrativa non è un difetto. Solo che i commissari inseriscono le gare vinte dalla ditta di famiglia tra quelle comprovanti il condizionamento mafioso. «Forzature procedurali che hanno oggettivamente agevolato la ditta», le definiscono i commissari aggiungendo che visto «il rapporto di parentela della titolare con la famiglia Pesce (…) si può legittimamente ipotizzare un condizionamento della criminalità organizzata sulle strutture comunali». Per capire la direzione di quest’altra navigazione incerta, non rimanere che aspettare l’evento di martedì che si tiene nel ristorante di un “avversario” di Costa: profeticamente il locale si chiama L’Odissea e la specialità servita è il “nero di seppia”.

 

Agostino Pantano