«È un provvedimento tardivo, parziale e tutt’altro che rispondente alle esigenze della libera informazione e, in particolare, del diritto costituzionale di informare ed essere informati».

Così il gruppo calabrese dell’Unione nazionale dei cronisti italiani, guidato dal giornalista Michele Albanese, commenta la decisione assunta dal Tribunale di Vibo Valentia, che - «dopo una lunga ed inspiegabile attesa», evidenzia l’Unci - ha autorizzato le riprese audiovisive del maxiprocesso Rinascita Scott.

«Preliminarmente – continua la nota – ci domandiamo quale evento nuovo sia intervenuto affinché il collegio giudicante di uno dei procedimenti penali più importanti della storia giudiziaria italiana, riconoscesse che “sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento”. Perché tale “interesse sociale” non è stato riconosciuto sin dall’inizio del processo? Perché le numerose richieste pervenute da colleghi di tutto il mondo al Tribunale di Vibo Valentia sono rimaste inevase?».

L’Unci rammenta  anche di «aver incontrato il presidente del Tribunale di Vibo Valentia Antonio Erminio Di Matteo affinché fosse latore delle osservazioni dei cronisti al collegio del maxiprocesso Rinascita Scott. Anche in quel caso, l’appello a superare il diniego delle riprese fu disatteso. Cosa è accaduto di nuovo? E soprattutto, ci domandiamo, perché autorizzare le riprese ma con una serie di limitazioni che finiscono, a conti fatti, col rendere questa stessa autorizzazione quasi inutile?».

«Vediamo cosa infatti ha stabilito il Tribunale. Due persone per ogni testata. Le riprese potranno essere effettuate – spiega l’Unci calabrese - solo attraverso telecamere fisse. E poi “al fine di garantire l’assoluta genuinità della prova è fatto divieto di diffusione, prima della lettura del dispositivo, delle riprese audiovisive effettuate, fatta salva la divulgazione di immagini e brevi video (privi di audio) funzionale alla realizzazione di servizi di cronaca giudiziaria”. Ci chiediamo in che modo la divulgazione delle immagini audio-video prima della sentenza possa in qualche modo minare la genuinità della prova dibattimentale.

«Siamo fortemente rammaricati. Per due motivi. Il primo è per la perdurante, ingiustificata ed ingiustificabile chiusura del Tribunale di Vibo Valentia alle esigenze della libera informazione su un processo che, comunque finirà, segnerà una pagina fondamentale della storia giudiziaria italiana. Il secondo è che mai avremmo voluto criticare questo collegio giudicante, chiamato a presiedere un procedimento penale enorme, per numeri e significato. Noi ci abbiamo provato, abbiamo compiuto ogni passaggio con enorme rispetto e responsabilità, ma adesso non possiamo più tacere».