Il collaboratore di giustizia ha riferito di un gruppo riservato a cui aderivano pure i Mancuso e Giancarlo Pittelli. I legali di quest'ultimo hanno depositano oggi documentazione atta a smentire le dichiarazioni di Michele Iannello
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Conclusa nel maxiprocesso Rinascita-Scott la deposizione del collaboratore di giustizia Francesco Oliverio di Rocca di Neto, affiliato all’età di 16 anni e con il padre ucciso nel 1988. Dopo aver spiegato nella precedente deposizione di essere a conoscenza del fatto che i Mancuso di Limbadi erano intenzionati «a formare un Crimine tutto loro per l’intera zona del Vibonese», si è soffermato sulla figura del cugino Sabatino Marrazzo, personaggio già tirato in ballo dal collaboratore Cosimo Virgiglio quale reggente della loggia Pitagora del Crotonese facente capo alla Gran Loggia dei Garibaldini d’Italia con sede principale a Vibo Valentia.
«Mio cugino Sabatino Marrazzo – ha dichiarato Oliverio – era nella massoneria vibonese e faceva parte di un gruppo riservato al quale aderivano pure i Mancuso di Limbadi ed i Molè di Gioia Tauro. Di tale massoneria so che facevano parte personaggi istituzionali e avvocati, una sorta di corpo riservato che manteneva rapporti pure con i politici. Al tempo stesso, Sabatino Marrazzo faceva parte del locale di ‘ndrangheta di Belvedere Spinello essendo nipote del boss Guerino Iona».
Secondo la deposizione di Cosimo Virgiglio, un fratello di Sabatino Marrazzo, di nome Agostino, era stato arrestato per omicidio e rischiava l’ergastolo. «Sabatino Marrazzo si rivolse in lacrime – aveva dichiarato Virgiglio – al gran maestro Pino Francica per tirare fuori di galera il fratello. Francica non si scompose e gli disse di segnarsi un nominativo di Cosenza. Agostino Marrazzo ricordo che venne poi assolto».
Su tale specifico episodio, Francesco Oliverio ha dichiarato che «Agostino Marrazzo era imputato per omicidio ma è stato poi condannato solo per associazione mafiosa. Lo sapevano tutti che veniva assolto dall’omicidio grazie all’avvocato Giancarlo Pittelli. Attraverso gli avvocati – ha spiegato Oliverio – bisognava pagare qualche giudice. In pratica Pittelli doveva aggiustare il processo con 50mila euro e mi dissero che il figliastro dell’allora procuratore di Catanzaro era nello studio di Pittelli. Sabatino Marrazzo mi disse che c’erano giudici massoni e anche personaggi delle forze dell’ordine nella massoneria e lì si aiutavano ed aggiunse che Pittelli era un suo confratello massone. L’avvocato Pittelli difendeva Massimo Iona, un altro avvocato difendeva Agostino Marrazzo. Non conosco altri particolari di come si è arrivati alle assoluzioni in appello».
Oliverio e i Bonavota da Sant’Onofrio sino in Piemonte
Francesco Oliverio è poi passato ad occuparsi, nel corso del suo esame, dei Bonavota di Sant’Onofrio e delle loro articolazioni in Piemonte. «Per conto dei Bonavota dovevo fare nel 2004 un omicidio a Moncalieri che è però sfumato perché nell’appartamento dove dovevamo andare prima dell’agguato si presentarono le forze dell’ordine. A Carmagnola c’era un vero e proprio locale di ‘ndrangheta che dipendeva dai Bonavota di Sant’Onofrio e capo società era Turi Arona. Domenico Bonavota l’ho conosciuto ad Isola Capo Rizzuto, mentre ero latitante, perché i Bonavota erano alleati degli Arena. In precedenza era stato Arona a parlarmi dei Bonavota e di un loro zio chiamato Micu i Mela che era ai vertici del clan. Ricordo – ha aggiunto Oliverio – di aver dato personalmente un kalashnikov agli Arona, Franco e Turi».
La difesa di Pittelli contro Iannello
Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia, prima di aggiornare l’udienza a lunedì, ha poi acquisito – su produzione degli avvocati Guido Contestabile e Salvatore Staiano (difensori di Giancarlo Pittelli) – la scheda personale di Luigi Mancuso, tratta dagli atti di indagine, al fine di individuare i periodi di carcerazione. Quindi l’acquisizione del verbale di nomina del detenuto Salvatore Maiolo di Fabrizia del 13 giugno 1989 – antecendente all’ingresso in carcere di Luigi Mancuso – in favore dell’avvocato Giancarlo Pittelli in un procedimento penale in cui Maiolo era accusato di omicidio. È stata acquisita anche copia della decisione del Tdl da cui si evince che l’estradizione di Salvatore Maiolo dalla Germinia è avvenuto il 18 maggio 1988 quando Luigi Mancuso era libero. Infine, i due avvocati hanno prodotto copia della sentenza di assoluzione nei confronti di Salvatore Maiolo da parte della Corte d’Assise di Catanzaro del 19 marzo 1990, chiedendo l’audizione di un giudice componente di quel Collegio. Tale documentazione, ad avviso della difesa di Giancarlo Pittelli, dimostrerebbe che il collaboratore Michele Iannello non ha detto il veroquando ha riferito che è stato Luigi Mancuso in carcere a suggerire a Salvatore Maiolo di nominare l’avvocato Pittelli quale suo difensore. I due legali avevano anche chiesto che il Tribunale di Vibo Valentia trasmettesse gli atti alla Procura per procedere per il reato di falsa testimonianza. Una richiesta, quest’ultima, alla quale si è opposto il pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo (che si è riservato di fare gli opportuni accertamenti e, eventualmente, anche di risentire Iannello per chiarire le circostanze), e che ha portato il Tribunale a disporre l’eventuale trasmissione degli atti solo al termine del processo e quindi con il dispositivo di sentenza.