Il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso svela i motivi dello scontro fra suo fratello Giuseppe e il cugino del padre. Al centro, il pascolo del bestiame e una scia di ripicche reciproche
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È il 26 maggio 2008 quando vengono feriti nel corso di una sparatoria Romana Mancuso (sorella di Antonio, Giovanni, Pantaleone – Vetrinetta – Cosmo Michele e Luigi Mancuso) ed il figlio Giovanni Rizzo, alias “Mezzodente”. Un fatto di sangue arrivato al culmine di una serie di dissapori fra Giovanni Rizzo e la famiglia del collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso.
I retroscena e gli avvenimenti successivi a tale sparatoria sono stati oggi al centro dell’esame del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso che ha ripercorso l’intera vicenda rispondendo alle domande del pm Annamria Frustaci nel corso del maxiprocesso Rinascita-Scott che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. «A Limbadi ci sono le pecore sacre, nel senso che Giovanni Rizzo da sempre manda il suo gregge nelle campagne di chiunque a pascolare e tutti stanno zitti. Fra tali campagne – ha spiegato il collaboratore – c’era anche quella dell’allora suocero di mio fratello Giuseppe il quale mandò a dire a Giovanni Rizzo di portare le proprie pecore altrove. Rizzo per tutta risposta rimandò ancora le pecore nello stesso terreno, finendo per litigare con l’ex suocero di mio fratello. A questo punto Giuseppe Mancuso uccise a colpi di pistola tutte le pecore di Rizzo».
La risposta dei Rizzo non sarebbe però tardata ad arrivare, con colpi di pistola sparati a Limbadi all’indirizzo dell’auto di Antonino Maccarone, all’epoca sposato con una sorella di Emanuele e Giuseppe Mancuso. Giovanni Rizzo, Giuseppe Raguseo (sposato con una figlia di Cosmo Michele Mancuso) e Leo Rizzo avrebbero inoltre minacciato Salvatore Comerci (che all’epoca, secondo Emanuele Mancuso, avrebbe operato nel settore del narcotraffico insieme al fratello Giuseppe Mancuso) per sapere con chi Giuseppe Mancuso aveva sparato le pecore di Giovanni Rizzo.
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