VIDEO | Per l’imprenditore e sua sorella il gip ha disposto la misura cautelare dell’obbligo di dimora a Lamezia Terme. Plastica, vetro e metalli pesanti sarebbero finiti sui terreni agricoli delle province di Vibo, Catanzaro e Reggio. Nel mirino anche tre società che si occupano dello smaltimento
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Ci sono anche il patron del Cosenza Calcio Eugenio Guarascio e sua sorella Ortenzia tra gli indagati nell’inchiesta della Procura di Vibo Valentia, guidata da Camillo Falvo, che prova a far luce sullo smaltimento illecito di tonnellate di prodotti qualificati come fertilizzante, ma costituiti in realtà, secondo l’accusa. da rifiuto smaltito illecitamente sui terreni agricoli delle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria. Per i due imprenditori nel settore dei rifiuti il gip ha disposto, secondo quanto si apprende, la misura cautelare dell’obbligo di dimora a Lamezia Terme.
Tra gli indagati anche Gianfranco Comito, manager del settore Ambiente della Regione Calabria in passato anche consigliere comunale a Vibo Valentia. Sono in totale undici le persone raggiunte da un avviso di garanzia. Nel mirino delle attività dei carabinieri dall’Aliquota operativa del Nor di Serra San Bruno che hanno operato assieme al Nipaaf dei carabinieri forestali di Vibo Valentia anche tre società: la Eco Call spa (con stabilimento a Vazzano, nel Vibonese) ed Ecologia Oggi, entrambe rappresentate da Ortenzia Guarascio, e 4EL Group.
Gli altri indagati sono Maria Carmela Amato, 46 anni, di Cosenza; Giuseppe Antonio Caruso, 31 anni, di Lamezia Terme; Francesco Currado, 70 anni, di Curinga; Rosario Fruci, 50 anni, di Lamezia Terme; Alessandro Giardiello, 53 anni, di Castrolibero; Vincenzo De Matteis, 51 anni, di San Fili; Franco Dario Giuliano, 58 anni, di Ricadi; Nicola Anselmo Ociello, 57 anni, di Vibo Valentia.
L’origine dell’indagine e le ipotesi accusatorie
Al centro dell’attività investigativa il ciclo di trasformazione dei rifiuti effettuato all’interno di un impianto di recupero del Vibonese con sede a Vazzano, quello della Eco Call.
L’azienda sita nell’entroterra vibonese (territorio di Vazzano) operante nel settore del recupero dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, avrebbe dovuto produrre ammendante compostato misto. La stessa di fatto, non rispettando la procedura prevista all’interno dell’autorizzazione integrata ambientale, generava un prodotto che non aveva perso la qualifica di rifiuto, contenente plastiche, vetri e metalli, anche pesanti come il cromo esavalente ed andando ad inquinare irrimediabilmente i terreni agricoli.
Il procedimento produttivo, inoltre, veniva effettuato all’interno di capannoni, i cui portelloni sarebbero dovuti restare chiusi; di fatto l’attività veniva svolta mantenendo gli stessi aperti, non consentendo il corretto utilizzo dei filtri e determinando l’inquinamento dell’aria a causa delle polveri e delle emissioni immesse in atmosfera. L’indagine ha consentito di cristallizzare la presunta condotta illecita di diversi soggetti, attuata attraverso attività decisionali, esecutive e materiali, connesse alle posizioni e alle funzioni, apicali e non, rivestite all’interno della stessa azienda. Nel mirino degli investigatori sono finiti anche un dirigente della Regione Calabria e alcuni tecnici.