VIDEO | Giuseppe Triolo, da anni vittima di intimidazioni, parla della difficoltà di mandare avanti la sua impresa in un territorio complesso: «Vogliamo rimanere qui e non chiudere dopo tanti sacrifici»
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«Sono azioni e atteggiamenti in puro stile mafioso». È stanco di subire abusi Giuseppe Triolo, imprenditore reggino attivo da anni nel settore dei servizi mortuari e da anni vittima di continui atti intimidatori. L’ambulanza bruciata così come un deposito, una richiesta di pizzo e una bomba che ha distrutto la sua attività. Adesso anche la sua campagna pubblicitaria è stata presa di mira e anche se ha deciso di non piegarsi, affiggendoli subito, i manifesti dell’azienda, pagati regolarmente al comune, puntualmente vengono strappati da chi intende oscurare illegalmente la sua impresa, il suo nome.
«Abbiamo denunciato ma siamo soli»
«Io ho pagato per degli spazi che erano vuoti. Nei giorni scorsi- denuncia alla nostra testata- ignoti hanno divelto completamente tutto lasciandoli a terra. E non è la prima volta che subiamo certe cose». Vedere il suo nome gettato per terra, calpestato, da chi opera senza regole e senza scrupolo, lo ha mortificato. «È anche una questione di morale, di dignità, ci dice. Vedere i nostri sacrifici trattati così ti colpisce nel profondo. E sapere anche che certi atti provengono da chi non ha rispetto della legge ti fa arrabbiare ancora di più perché alla fine sì abbiamo denunciato, ma ti senti solo». Triolo chiede aiuto a tutte le istituzioni, ma anche controlli a chi opera in questo ambito dove la presenza della ‘ndrangheta si registra da sempre. «Ho sempre denunciato tutto e ho molta fiducia nelle Istituzioni, ma gli uomini a disposizione sono pochi. In questa città-continua- ci sono tantissimi problemi magari dei manifesti strappati via non sono la priorità, però se anche il comune intervenisse per regolamentare meglio questo settore già sarebbe un passo in avanti».
Il rispetto della legge
L’imprenditore come già avvenuto in passato con la Dda, ha denunciato questi episodi alle forze dell’ordine, ma adesso l’amarezza di dover lavorare in queste condizioni è ritornata così come la paura. «Si tratta di famiglie “importanti” della città che da sempre svolgono questo mestiere- racconta Triolo- e hanno avuto anche il monopolio pagandosi i servizi sette, otto, fino a dieci mila euro. Poi ci sono aziende anche che hanno un nome, ma dentro invece, sono di altri. Ecco su chi sono questi “altri” si dovrebbe andare a vedere. Siamo in presenza di una criminalità organizzata “diffusa” che da sempre ostacola l’imprenditoria legale». La sua denuncia inoltre, non è relativa “solo” allo strapotere della ‘ndrangheta le cui mire espansionistiche verso i servizi funebri si registrano a tutte le latitudini, come certificato da molte inchieste giudiziarie, ma è rivolta anche alla pubblica amministrazione, a quella burocrazia che quando vuole interviene, altre volte invece, è cieca dinnanzi a circostanze evidenti. «A Reggio- prosegue Triolo- vengono alcuni manifesti vengono affissi con nomi di aziende che non hanno licenza, con aziende totalmente inesistenti o persino anonime. Quello che chiedo è molto semplice oltre che sarebbe anche normale. Il manifesto mortuario deve essere corredato dal numero di autorizzazione e non può essere anonimo quindi va sanzionata l’azienda. Se questa non ci dovesse essere scritta basta andare a vedere chi ha registrato la morte della persona all’ufficio dello stato civile e si risale. Si deve fare qualcosa e questo qualcosa va a colpire proprio gli illegali».
«Vorremmo rimanere qui»
Anche se non demorde l’imprenditore chiede aiuto affinché possa continuare a lavorare. «Da anni abbiamo subito diverse azioni criminose. Adesso che non possono colpirci direttamente qua in negozio poiché abbiamo i vetri blindati, le telecamere, ci colpiscono all’esterno “tagliandoci le gambe” con queste azioni e ciò ci arreca non solo danno economico, ma anche difficoltà con clienti poiché si impiega poco a rimanere soli. Noi, sia io che i mie figli, ci dice rammaricato, vorremmo rimanere qui a lavorare altrimenti l’unica cosa sarà chiudere e dopo anni di sacrifici, non è giusto dargliela vinta».