VIDEO | L’allarme lanciato dal Centro sportivo italiano della Città dello Stretto: «Non si tratta di inseguire un pallone ma di avviare percorsi di cambiamento in contesti di gravi emergenze educative»
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In alcuni quartieri della città di Reggio Calabria, causa l’irrigidimento delle restrizioni anti covid, le società sportive hanno sospeso tutte le attività perché la maggior parte di adolescenti di età compresa tra i 13 e i 20 anni non è vaccinata. A tracciare questo spaccato è il Centro sportivo italiano della Città dello Stretto, impegnato a promuovere lo sport quale strumento sociale ed educativo fondamentale, e preoccupato per lo scenario delineatosi negli impianti dove non si gioca più.
Reggio, negli impianti non si gioca più
«Abbiamo due impianti in gestione a Gallina e a Pellaro - ha spiegato Paolo Cicciù, presidente del Centro sportivo italiano di Reggio Calabria - e abbiamo riscontrato che tante società sportive hanno comunicato la sospensione della loro attività almeno fino a fine mese perché molti bambini e bambine sono senza vaccinazione, tante famiglie non sono pronte ad adeguarsi alle nuove normative e ritengono, altresì, coerente interrompere il percorso sportivo di figli e figlie visto il rischio che ha determinato il rinvio della riapertura della scuola dopo le feste. Anche la polisportiva Arghillà a colori ha sospeso le sue attività. Ormai sono due settimane che non incontriamo i ragazzi. Su venti solo due o tre hanno iniziato il ciclo vaccinale, da qui l'allarme che abbiamo lanciato circa la necessità di sensibilizzazione e di agevolazione al vaccino in questo quartiere.
Allarme colto da Emanuele Mattia, già garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Città Metropolitana di Reggio Calabria e divenuto sollecitazione subito accolta dal presidente della Regione Roberto Occhiuto e dal consigliere regionale Salvatore Cirillo. Così grazie anche alla preziosa collaborazione del polo sanitario di prossimità Ace, l'Esercito ha già svolto una prima trance di vaccino e altre tappe saranno presto programmate», ha sottolineato ancora Paolo Cicciù.
Con lo sport a Reggio si ferma un percorso di cambiamento
Preoccupa, dunque, la rinuncia allo sport specie in quartieri come quello di Arghillà in cui esso è tra le occasioni educative più importanti e irrinunciabili. Nonostante ciò, mentre campeggia questo scheletro depredato, mai entrato in funzione e adesso ricettacolo di degrado e rifiuti, gli impianti sportivi pubblici continuano a mancare.
«Qui ad Arghillà non ci sono spazi adibiti allo sport. Dunque bambini e adolescenti non svolgono attività sportiva. Esiste solo un campo privato, gestito da un'associazione molto disponibile ma pur sempre privato, e non ci sono strutture sportive fruibili e accessibili che garantiscano di fatto a bambine, bambini e adolescenti il diritto al gioco e allo sport. Abbiamo sperimentano il gioco nei sottoscala e nei cortili ma è chiaro che un impianto attrezzato garantirebbe a pieno un diritto ad oggi negato. Non si tratta solo di inseguire un pallone ma di avviare per percorsi di cambiamento e crescita dei quartieri, specie laddove il contesto segnato da carenze e gravi emergenze educative», ha concluso Paolo Ciccù, presidente del Centro sportivo italiano di Reggio Calabria.