Un esercizio commerciale di Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, ha deciso di affidare esclusivamente a personale italiano la gestione della rivendita, che apre solo dopo “una completa disinfestazione”. Ecco come spiegano la loro discutibile decisione e quali sono le reazioni dei clienti
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Se c’è una cosa che i cinesi sanno fare meglio di chiunque altro è rimboccarsi le maniche senza arrendersi mai, neppure dinnanzi a difficoltà che sembrano insormontabili. È questa la premessa da cui muovere per raccontare cosa si è “inventato” un negozio cinese di Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, per contrastare la psicosi generata dal coronavirus, che ha inevitabilmente fatto precipitare il giro d’affari tenendo lontani i clienti.
I titolari di Pan C Moda, questo il nome dell’esercizio commerciale, hanno avvertito la propria clientela con un lungo messaggio su facebook che «sino a quando la situazione non si normalizzerà, il negozio sarà gestito esclusivamente da italiani». Insomma, assicurano che nel loro negozio (cinese) di cinesi non ce ne sarà neanche l’ombra. Una soluzione senza dubbio discutibile, che si presta a mille considerazioni contrastanti. E in effetti la comunicazione è stata accolta da giudizi diametralmente opposti, divisi tra chi apprezza e ringrazia, e chi, invece, definisce questa trovata come l’ennesima discriminazione ingiustificata, aggravata per di più dal fatto che a metterla in atto sono proprio altri cinesi.
Ma sospendendo per un attimo ogni giudizio, è impossibile non cogliere l’incrollabile volontà di andare avanti nonostante tutto, perché, come spiegano i gestori in perfetto italiano «anche le nostre famiglie devono mangiare».
Il messaggio di Pan C Moda continua assicurando che il negozio viene comunque aperto ogni giorno solo dopo «una completa disinfestazione».
«Inoltre – proseguono - vogliamo rassicurare i nostri clienti e, in generale, la cittadinanza italiana: i soggetti di nazionalità cinese sono tutti costantemente monitorati sulle loro condizioni di salute onde escludere qualsiasi possibilità di contagio con coloro con i quali vengono a contatto. Coloro che sono rientrati in Italia dalla Cina, prima di venire in contatto con altri soggetti, hanno volontariamente trascorso anche il periodo di quarantena necessario ad escludere di essere eventualmente portatori di CoronaVirus, pur per dare la massima sicurezza ai propri familiari. Ciò in osservanza delle prescrizioni date dal Servizio Sanitario Nazionale e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Infatti nessun evento, nemmeno a livello di sospetto, si è verificato nell’ambito delle normali vicende commerciali».
Le cautele, assicurano, «saranno mantenute per tutta la durata dell’allarme sanitario attualmente esistente».
Poi calano l’asso commerciale: «Se vieni da noi, paghi uno e prendi due», ricordando che, in ogni caso, «il coronavirus si trasmette solo da persona a persona e non anche attraverso gli oggetti».
«Ci auguriamo che portare all’attenzione del pubblico le nostre doverose iniziative - concludono - possa contribuire a fugare timori, del tutto ingiustificati, ma idonei a creare irreparabili danni nel settore commerciale dove trovano lavoro anche numerosissimi cittadini italiani».
Come accennato, i commenti al post sono stati tanti e molto diversi. Ma a tutti, i gestori cinesi del negozio di Montalto Uffugo rispondono in maniera garbata e puntuale, spiegando ulteriormente le proprie ragioni. Così, ad esempio, a Francesca, che li accusa di essere discriminatori perché «vogliono sensibilizzare le persone sul problema, lasciando a casa altre persone solo perché cinesi», Pan C risponde sottolineando che «il personale cinese non è stato licenziato», ma è stato messo in ferie forzate: «Noi siamo i primi a cui dispiace questa decisione, però dovete capire che anche noi dobbiamo dar da mangiare alla nostra famiglia e questa è l’unica soluzione che abbiamo trovato, purtroppo noi non possiamo cambiare la mentalità della maggior parte della popolazione italiana che adesso ha “paura” dei cinesi».
Pacata è anche la risposta data a un altro utente, che rimprovera il popolo cinese di avere abitudini alimentari discutibili: «Mangiate cani, gatti, pipistrelli…». L’amministratore della pagina facebook non nega, ma precisa che «sono molto pochi i cinesi che fanno queste cose stupide». «Purtroppo – aggiunge – non dipende da noi fermarli, perché è come dire a uno spagnolo di non uccidere i tori. Purtroppo alcune abitudini alimentari fanno parte della cultura di alcune zone della Cina». Per il resto i commenti di chi ha letto il post sono per la stragrande maggioranza positivi e di incoraggiamento: «Forza, ce la farete!», «In bocca al lupo», «Complimenti, siete delle belle persone» e via dicendo.
Forse il primo passo per contrastare la discriminazione è alimentare l’empatia, costringere il prossimo a mettersi nei propri panni. E i cinesi di Montalto Uffugo, a modo loro, pare che ci siano riusciti, anche se non mancheranno di certo le polemiche, probabilmente anche all'interno della stessa comunità cinese, per una pseudo soluzione che sembra sacrificare il principio della non discriminazione sull'altare dell'esigenza commerciale.