Questa mattina la questura di Catanzaro ha notificato decine di avvisi di chiusura indagini ad altrettanti sindacalisti dell’Unione sindacale di base e dei Cobas e ad attivisti dei collettivi antagonisti calabresi. Le accuse sono di manifestazione non autorizzata e interruzione di pubblico servizio e si riferiscono a diverse mobilitazioni avvenute negli ultimi due anni.

«A quanto apprendiamo dalla stampa – scrivono in una nota gli attivisti – la Procura di Catanzaro ha diffuso la notizia secondo cui le proteste si sarebbero tenute per esprimere contrarietà alle misure anti-covid imposte dal governo. Questa ricostruzione è falsata dalla necessità di criminalizzare quanti, nonostante la drammatica situazione sanitaria, decisero di scendere in piazza per chiedere all’amministrazione regionale e al governo interventi immediati per rafforzare il sistema sanitario pubblico, a partire dalla riapertura degli ospedali; per garantire un reddito a chi era stretto nella morsa della crisi sociale ed economica, su tutti i tirocinanti calabresi; per rivendicare il diritto al lavoro dignitoso per i lavoratori e le lavoratrici del Sant’Anna Hospital che rischiavano di rimanere a casa a seguito della chiusura della struttura; per restituire dignità all’intera popolazione della nostra regione, mortificata e presa in giro in diretta Tv nazionale da quelle figure che dovevano rappresentare le istituzioni».

«I tentativi repressivi – continua la nota – saranno rispediti al mittente, nessuno pensi di poter minare così il diritto al dissenso e gettare ombre sulle sacrosante mobilitazioni sociali. Non ci fermeremo fin quando non avremo raggiunto il diritto di poter godere di una sanità pubblica ed efficiente, di avere un lavoro ben retribuito senza essere sfruttati con paghe da fame come nel caso dei tirocinanti calabresi e di non essere costretti ad emigrare per avere una vita dignitosa. Pertanto, si mettano tutti l’anima in pace: non saranno queste discutibili trovate repressive a fermarci. Continueremo a portare avanti le lotte sociali, per i diritti dei calabresi e delle calabresi».