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Favorivano la prostituzione nel centro urbano di Catanzaro e sfruttavano ragazze di nazionalità straniera. Per questo motivo la Squadra mobile di Catanzaro arrestato due persone dando esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari delegata dalla Procura di Catanzaro, nei confronti di C. O. A., c.l. 50 e di T. A. c.l. 93., ritenendoli responsabili, in concorso e in modo continuato, del reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nonché del reato di locazione di immobile a scopo di esercizio di casa di prostituzione. In tale contesto, come disposto dal gip, si provveduto al sequestro preventivo di cinque unità abitative ubicate sul territorio di questo centro e riconducibili al citato C.O.A. all’interno delle quali si svolgeva l’attività di meretricio.
Le indagini
L’indagine della sezione criminalità straniera e prostituzione della Squadra mobile è iniziata con un’attività di osservazione e pedinamento sul territorio di Catanzaro durata parecchio tempo; attività che ha consentito di accertare che effettivamente ragazze di nazionalità straniera, all’interno di alcune abitazioni, esercitavano l’attività di prostituzione. Successivamente l’attività investigativa consentiva di individuare i soggetti esercenti tali attività, nonché di verificare il ruolo assunto dagli indagati nella gestione degli immobili concessi in illecita locazione.
Il modus operandi
Nello specifico, i poliziotti scoprivano che C.O.A., noto medico dentista, con la complicità di T. A. c.l. 93, affittava delle abitazioni di sua proprietà ad alcune ragazze di nazionalità straniera le quali esercitavano l’attività di meretricio. In particolare il primo, professionista noto in città, forniva la disponibilità dei suoi appartamenti mentre l’altro, si occupava logisticamente della sistemazione delle “clienti” e della riscossione degli introiti.
La testimonianza di una ragazza colombiana
Tale quadro indiziario è stato avvalorato dalle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni da una prostituta colombiana che dopo aver giustificato la sua presenza all’interno di una delle abitazioni controllate riferiva di svolgere l’attività di meretricio, indicando in T. A. la persona alla quale consegnava, settimanalmente, la somma di 350 euro per poter usufruire di un piccolo appartamento dove poter esercitare indisturbata la sua “professione”.
L’attività d’indagine proseguita con operazioni di intercettazione su alcune utenze cellulari faceva emergere l’entità di tale fenomeno evidenziando come un notevole numero di soggetti dediti alla prostituzione fossero a conoscenza della disponibilità di appartamenti nel centro di questo capoluogo dove poter esercitare indisturbate il meretricio e, avvalendosi del classico sistema del “passaparola”, contattavano direttamente i due “soci” sulle utenze cellulari personali, manifestando loro la volontà di “lavorare” all’interno delle abitazioni ricevendo clienti.
A tal proposito, sconcertante risultava essere la disinvoltura con la quale il T. A. accordava l’affitto degli appartamenti di proprietà del C. O. A., a donne, molte delle quali definibili come “habituè” del posto, che, provenendo dalle più svariate città italiane, raggiungevano questo centro con la certezza di trovare un posto dove “esercitare” indisturbate e che T.A. solitamente faceva alternare con cadenza settimanale pretendendo di dettare le regole della loro permanenza. Tali risultanze investigative venivano cristallizzate tramite servizi di osservazione e appostamento, in esito ai quali si individuavano i clienti delle prostitute che sentiti a sommarie informazioni confermavano gli elementi di contestazione a carico degli indagati.