Processo Xenia: «Lucano non denunciava irregolarità per non perdere consensi»

Nuova deposizione in aula del colonnello della guardia di finanza Nicola Sportelli: «A lui spettava sempre l’ultima parola»

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di Ilario  Balì
8 ottobre 2019
20:04

L’imputato Fernando Capone presidente dell’associazione Città Futura soltanto sulla carta. Il vero dominus del sodalizio era infatti Mimmo Lucano, che aveva come unico interesse il consenso politico. È quanto emerso dalla nuova testimonianza del colonnello della guardia di finanza Nicola Sportelli, che ha deposto in aula nel corso dell’udienza del processo scaturito dall’indagine Xenia, che vede alla sbarra l’ex sindaco di Riace (oggi assente) ed altre 25 persone.

 


Rispondendo alle domande del pm Michele Permunian, il militare delle Fiamme gialle ha ricostruito in aula le indagini eseguite nel comune reggino all’epoca dei fatti contestati. Sotto la lente del colonnello le dinamiche interne all’associazione principale che a Riace gestiva i progetti di accoglienza agli immigrati. «Al suo interno ad avere potere di controllo economico e finanziario era proprio Lucano - ha spiegato Sportelli - a lui spettava sempre l’ultima parola. Ma il suo era soprattutto un interesse di natura politica per mantenere i progetti a Riace».

 

Una finalità tuttavia considerata nobile dal colonnello, ma che «ha permesso ad altri di ottenere un vantaggio economico. In qualità di sindaco avrebbe dovuto denunciare le irregolarità, ma così rischiava di perdere consenso tra i suoi potenziali elettori». Insomma una vera e propria ossessione politica per mantenere consenso elettorale, che Lucano recuperava attraverso le associazioni a lui vicine e le persone che vi lavoravano.

 

Dalle intercettazioni esaminate è emerso come l’ex primo cittadino si sia reso conto come alcuni dipendenti di Città Futura, seppur assunti, non erano presenti sul posto di lavoro. «I laboratori - rimarca il finanziere - venivano aperti soltanto in occasione di eventi particolari. Il sindaco era perfettamente a conoscenza anche dei dissidi interni alle coop, ma pur di non perdere consenso preferiva non intromettersi».

 

La “vocazione” politica di Lucano spicca anche in alcune conversazioni captate dalle Fiamme Gialle nel periodo a ridosso delle elezioni politiche del 4 marzo 2018. «L’ex sindaco voleva candidarsi in quota Liberi e Uguali - osserva Sportelli - ipotesi che secondo Lucano rappresentava una possibilità in più per difendersi dalla sua situazione giudiziaria (aveva già a suo carico un avviso di garanzia ndr), a condizione di essere inserito come capolista, per avere la sicurezza di essere eletto». In realtà dal partito guidato da Piero Grasso non giunse mai una proposta di candidatura.

 

Mimmo Lucano deve rispondere insieme ad altri 25 imputati di truffa con danno patrimoniale dello Stato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in relazione ai progetti di accoglienza del borgo di Riace. Il processo riprenderà mercoledì 16 ottobre.

Giornalista
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