Annuncia un esposto alla magistratura la moglie di Francesco Mancuso, il rosarnese non vedente che – in un ospedale della provincia di Reggio Calabria, dopo che il personale gli ha smarrito la dentiera – sarebbe morto anche per la malnutrizione patita. «Un calvario – lo definisce così la moglie Lidia – cominciato sin dall’arrivo al pronto soccorso dopo una banalissima caduta in casa». I famigliari di Mancuso, un 86enne funzionario della motorizzazione civile in pensione, lamentano che già in questa prima “tappa” qualcosa è andata storta.

«Non ci hanno detto che bastava che noi facessimo un tampone rapido per potergli rimanere accanto nel triage – continua la signora Lidia – mentre come in una sorta di passaparola misterioso si sono presentate persone certamente esterne alla struttura, sciacalli, che con il placet del personale ospedaliero, dietro compenso, si sono offerte di assisterlo nell’attesa». Esisterebbe un sistema parallelo che mentre vieta ai familiari di entrare negli ospedali, affiderebbe i malati anche nelle mani di operatori che, non si sa a che titolo e con quale livello di immunizzazione al Covid, entrano ed escono dalle corsie precluse invece ai visitatori.

«Ho chiamato per più giorni per avere notizie di mio marito – prosegue la vedova – ma o non mi rispondevano oppure mi dicevano di non chiamare perché mancava il primario. Anche il ragazzo a cui davo 10 euro all’ora non mi ha mai informato, tranne l’ultimo giorno di questo supplizio quando mi ha telefonato per dirmi che mio marito era morto». Francesco non è morto di Covid ma, denuncia la moglie, per la riorganizzazione sanitaria post covid. «Ma è mai possibile che io apprenda da uno sconosciuto che mio marito è morto ?», si chiede ancora affranta e arrabbiata Lidia. C’è da dire che la mancanza della protesi, persa secondo la signora nel tragitto tra il pronto soccorso e il reparto, «l’ha debilitato, non c’è dubbio».

Dopo il primo ricovero Francesco è tornato a casa per qualche giorno e la moglie si era accorta che non mangiava, ma poi, la situazione è peggiorata perché dopo il ricovero in una struttura privata per la riabilitazione - dei cui operatori Lidia apprezza l’umanità dimostrata – l’uomo è tornato nello stesso ospedale. «Ad oggi non so a che ora esattamente sia morto mio marito e perchè – spiega – poche ore prima, in piena notte, aveva fatto una telefonata col suo cellulare speciale, lamentandosi». Un ultimo contatto prima del decesso, che acuisce la rabbia in casa Mancuso. «Hanno negato a mio marito una morte dignitosa – conclude Lidia – ho deciso di denunciare non solo perché chi ha sbagliato è giusto che paghi, che impari a comportarsi con umanità, ma soprattutto affinchè i pazienti e i loro famigliari non siano condannati a incubi del genere, sepolti in ospedale prima di morire».