Dati Covid ridimensionati nell’ospedale di Corigliano Rossano. Gli accessi al pronto soccorso, preso d’assalto da tutta l’area jonica cosentina, rispetto allo scorso anno si sono abbattuti almeno del 70%. Un dato confortante che, comunque, non deve indurre a forme di rilassamento eccessivo.

Il virus è sempre in agguato e quando scoppiano i focolai i numeri si moltiplicano con una forma di radicamento impressionate. Rimane in piedi, dunque, la necessità di mantenere condotte prudenti nell’uso delle protezioni (mascherine, igienizzanti, distanze), così come il problema delle varianti è da tenere sempre in forte considerazione.

Molti sono gli asintomatici. Negli ultimi 30 giorni sono stati disposti in isolamento domiciliare 143 casi, 6 sono i ricoverati, 1 in Rianimazione. La soglia anagrafica si è decisamente abbattuta: 62 pazienti dai 19/52 anni, 38 0/18 anni, 1 da 51/70 anni, 16 sopra i 70. Questo è il contesto generale che riguarda la città di Corigliano-Rossano.

Attualmente il Polo Covid ospita 7 pazienti, un ultimo caso riguarda un carabiniere di 58 anni, con problemi respiratori. Il direttore della divisione di pronto soccorso nonché capo di dipartimento di chirurgia dell’Asp di Cosenza Natale Straface sottolinea come «negli ultimi 20 giorni vi sia stato un netto miglioramento degli accessi in pronto soccorso relativamente ai pazienti con necessità di ricovero».

I casi ancora ci sono, afferma Straface, «ma non hanno bisogno di ricovero. Abbiamo una media di 2 casi a settimana, rispetto ai 15/20 di qualche mese fa. Sono prevalentemente soggetti fragili e in larga parte non sono pazienti vaccinati».

Non regge il paragone rispetto al dato dello scorso anno che in termini di raffronto fa registrare un abbattimento del 70% dei casi: «Lo scorso anno avevamo 36 pazienti ricoverati nel polo Covid, non bastavano i letti, avevamo bisogno di respiratori. Fummo costretti a riconvertire la divisione di Rianimazione in posti Covid. Oggi, è tutto normalizzato grazie ai numeri contenuti e gestibili».  

I giovani accusano (vaccinati e non) sintomi come l’influenza, l’artralgia, la faringite. «Più complessa è la situazione degli anziani con patologie pregresse e concomitanti (trapiantati, nefropatici, cardiopatici, etc etc) ai quali sarà necessario somministrare una terza dose di vaccino.

La problematica va vista nel suo complesso, continua l’alto dirigente, il virus è vero che colpisce i polmoni, ma abbiamo avuto casi in cui è stato interessato il miocardio, l’encefalo, i reni. È una patologia multiorgano dove poi il sintomo più eclatante è quello della patologia polmonare».

Importante si è rivelata l’esperienza maturata sul campo, la maggiore conoscenza del virus, la migliore organizzazione rodata nel tempo e il coinvolgimento più diretto dei medici di famiglia.