Notificato l'avviso di conclusione delle indagini. Oltre ai reati di usura e alla presunta truffa sull’eolico, spuntano procedure immobiliari sospette messe in atto da soggetti ritenuti vicini alla 'ndrangheta
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Sono diventate 32 le persone indagate nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che a fine ottobre era sfociata nell’operazione Turos, condotta dalla Guardia di finanza di Crotone, che aveva portato all’arresto di cinque persone per usura, estorsione e abusivismo finanziario. Dalle carte dell’inchiesta, era già emersa anche una presunta truffa nel settore delle energie alternative, relativa alla realizzazione di due impianti eolici nel territorio comunale di Crotone, nella quale era coinvolto anche un ex dirigente comunale. Sotto la lente degli inquirenti, si apprende dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato agli indagati, finiscono anche una serie di operazioni immobiliari messe in campo tra il 2017 e il 2020 da soggetti ritenuti vicine alle cosche di ‘ndrangheta del Crotonese, per riappropriarsi di beni immobili requisiti e finiti all’asta, in cui sarebbero coinvolti anche avvocati e pubblici ufficiali.
I reati contestati
Al vaglio dei magistrati della Dda, ci sono procedure immobiliari ritenute sospette, relative a un edificio destinato ad albergo e ristorante a Le Castella, un complesso residenziale di Isola di Capo Rizzuto, e due fabbricati situati rispettivamente nella frazione San Leonardo di Cutro e a Crotone. Negli episodi oggetto dell’indagine, sarebbero coinvolti i delegati alla vendita, che non avrebbero impedito che un bene pignorato tornasse nella disponibilità del precedente proprietario come previsto dalla legge, e soggetti ritenuti vicini alla criminalità organizzata. Tra i reati contestati a vario titolo, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro di provenienza illecita, falsità materiale e associazione mafiosa.
Gli episodi sospetti a Le Castella e Isola di Capo Rizzuto
Nel caso dell’immobile di Le Castella, gli inquirenti ritengono che ad acquistare il bene sia stato, attraverso un prestanome, Francesco Rondinelli, ritenuto vicino «alla famiglia Turrà di Cutro, contigua alla cosca Grandi Aracri». L’obiettivo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato non quello di «spogliare dei beni i debitori esecutati, bensì di cedere gli stessi a un prezzo leggermente maggiorato». Tale condotta avrebbe non solo turbato la libertà degli incanti, ma anche «assicurato l’impiego di denaro di provenienza delittuosa – legato a delitti di usura ed estorsione posti in essere di Turrà Giuseppe e dal suo entourage – in attività economiche, legate all’acquisizione del cespite commerciale».
Sospetta anche l’operazione di acquisto del complesso residenziale, pignorato e messo all’asta, di proprietà di Giuseppe Verterame, ritenuto gravitante alla cosca Arena di Isola di Capo Rizzuto. L’immobile, attraverso «condotte artificiose», sarebbe stato aggiudicato da una società, che secondo gli inquirenti «era nella disponibilità di fatto di Verterame». Per avere la certezza del buon esito dell’operazione, non sarebbe mancata anche «una condotta velatamente minacciosa» nei confronti di un potenziale acquirente, giunto per un sopralluogo sul posto.
Gli immobili di Cutro e Crotone
Scenario simile anche quello in cui si inserirebbe la vendita all’asta dell’unità immobiliare a Cutro: di proprietà di Francesco Falcone, che secondo gli inquirenti sarebbe imparentato con la locale cosca Mannolo, sarebbe stata acquistato dallo stesso indagato, tramite un’offerta presentata dal genero. Anche in questo caso, non sarebbero mancate condotte finalizzate a far desistere altri potenziali acquirenti dal presentare un’offerta.
Sarebbe rimasto in famiglia anche l’immobile ubicato a Crotone e messo all'asta, di proprietà di Francesco Correale, che sarebbe stato aggiudicato dal figlio, «con atti fraudolenti e collusivi» e grazie a un prestito che Rocco Devona avrebbe concesso alla moglie dello stesso Correale. Fatti che, si legge nella carte, sarebbero stati «aggravati dalla volontà di favorire la ‘ndrangheta, in particolare gli interessi economici della cosca Megna di Papanice».
Nell’inchiesta è indagato anche Antonio Lia, ufficiale di polizia giudiziaria, in servizio presso la squadra mobile di Catanzaro: è accusato di accesso abusivo a sistema informatico.
I nomi dei 32 indagati
Luigi Aprigliano, 54 anni di Scandale
Alessandra Auditore, 43 anni di Crotone
Rosario Caracciolo, 48 anni di Botricello
Giancarlo Caterisano, 41 anni di Isola Capo Rizzuto
Francesco Correale, 47 anni di Crotone
Gaetano Correale, 22 anni di Crotone
Cesare Curatola, 76 anni di Catanzaro
Rocco Devona, 37 anni di Crotone
Francesco Falcone, 71 anni di Cutro
Antonio Franco, 45 anni di Isola Capo Rizzuto
Giuseppe Germinara, 60 anni di Crotone
Giuseppe Gigliarano, 36 anni di Conegliano Veneto (nato a Cariati)
Laura Gigliarano, 62 anni di Isola Capo Rizzuto
Rocco Gigliarano, 41 anni di Isola Capo Rizzuto
Giuseppe Giordano, 63 anni di Crotone
Antonio Grande, 68 anni di Cutro
Domenico Grande, 42 anni di Crotone
Raffaela Lavigna, 40 anni di Crotone
Giorgio Leo, 57 anni di Crotone
Antonio Lia, 55 anni di Catanzaro
Salvatore Lorenzano, 43 anni di Cutro
Rosario Mattace, 41 anni di Crotone
Gerardo Padula, 61 anni di Crotone
Antonio Provenzano, 64 anni di Isola Capo Rizzuto
Francesco Rondinelli, 51 anni di Isola Capo Rizzuto
Maria Russo, 52 anni di Botricello
Palma Spina, 45 anni di Catanzaro
Maurizio Staglianò, 47 anni di Cropani
Giuseppe Turrà, 51 anni di Cutro
Nazario Veraldi 65 anni di Botricello
Giuseppe Verterame, 72 anni di Isola Capo Rizzuto
Gregorio Viscomi, 53 anni di Botricello