Il “guardiano di contrada” e le estorsioni ai proprietari terrieri dal carcere

Il presunto boss indicava come procedere per la riscossione del denaro. Nel mirino della cosca di ‘ndrangheta di Taurianova anche un imprenditore operante nel settore florovivaistico e un’impresa impegnata in lavori sulla ex statale 111

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20 dicembre 2018
10:28
Carcere
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Nell’ambito dell’indagine “Quieto vivere” emerse anche le modalità di estorsione messe in campo dai membri della cosca di 'ndrangheta Cianci-Maio-Hanoman, operante nel Reggino. In particolare, Domenico Cianci si sarebbe reso protagonista di un’estorsione consumata ai danni di un proprietario terriero, a cui si presentava come il “guardiano di contrada”, imponendo a lui ed al fattore la “guardiania” di fondi siti a San Martino di Taurianova, il pagamento di somme di denaro pari a 250 euro al mese.  In merito ad un altro episodio estorsivo ai danni di un proprietario terriero (consumato con la riscossione di 250,00 euro mensili), Domenico Cianci, nonostante fosse detenuto, incaricava il nipote Giuseppe Mavrici di riscuotere il denaro. In un momento successivo, a fronte delle difficoltà nell’esazione, interveniva il fratello del boss, il quale aveva assunto le redini e la reggenza della cosca durante la sua detenzione. E non solo.

Le estorsioni ad una ditta edile

Domenico Cianci, Damiano Cianci e Giuseppe Mavrici devono rispondere di un’altra estorsione perpetrata ai danni di un imprenditore edile titolare dell’appalto pubblico di rifacimento del marciapiede lungo il tratto di strada che dal bivio della SP01 (ex statale 111) conduce alla frazione di San Martino di Taurianova. In questo caso, Domenico Cianci, già prima del suo arresto, aveva imposto le proprie condizioni alla ditta esecutrice dei lavori, ancor prima che questi iniziassero. Sicché, la ditta, in via preventiva, subendo il clima di intimidazione ingenerato dalla famiglia mafiosa di San Martino, per evitare problemi di qualunque genere nell’esecuzione di lavori pubblici (danneggiamenti, incendi, furti), veniva costretta a versare una somma di denaro imprecisata, a titolo di tangente, in favore delle “casse” dell’organizzazione mafiosa.  


 

5 mila euro fatti consegnare da un imprenditore  

Le attività di intercettazione hanno premesso altresì di accertare che Domenico Cianci e Giuseppe Mavrici si sono resi responsabili di tentata estorsione ai danni di un privato, costringendolo a consegnare somme di denaro, non riuscendo nell’intento solo per la ferma opposizione della vittima. Domenico Cianci e Concettina Gligora  si sono resi responsabili di tentata estorsione ai danni di un imprenditore operante nel settore florovivaistico, costringendolo a consegnare la somma di 5mila euro. Come detto, l’indagine ha fatto emergere anche talune responsabilità in relazione al delitto di intestazione fittizia di beni, aggravata dall’aver agevolato la cosca mafiosa di riferimento, in quanto Domenico Cianci, al fine di eludere le disposizioni di legge che consentono il sequestro e la confisca dei beni in materia di misure di prevenzione ovvero per agevolare il riciclaggio dei proventi dell’attività di estorsione ed altri delitti contro il patrimonio, intestava fittiziamente a Rachela Cianci la titolarità di vari terreni di grande estensione con annessi fabbricati rurali che, in data 20 giugno 2014, la donna alienava a terzi a titolo oneroso.

 

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