Ecco come operava la banda della “spaccata”. «Senza scrupoli, usato anche uno scuolabus»

L’inchiesta Ariete, che ha consentito di sgominare una gang italo-rumena, è partita dopo una rapina commessa a Fuscaldo. In un caso per irrompere nel locale prescelto è stato utilizzato anche un mezzo per il trasporto degli studenti. Gli inquirenti: «Gente violenta e aggressiva»

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di Francesca  Lagatta
10 dicembre 2018
15:37
La conferenza stampa degli inquirenti
La conferenza stampa degli inquirenti

Tra le pagine dell'ordinanza relative all'operazione Ariete, l'indagine della magistratura che questa mattina ha sgominato una banda di rapinatori, emergono dettagli inquietanti. Violente e aggressive, così hanno definito gli inquirenti le attività criminali della gang italo-rumena che da mesi seminava il panico in tutta Italia e in particolar modo nel Cosentino, dove quasi tutti gli indagati sono residenti.

Non è casuale il nome dell'operazione, ispirata proprio da una peculiarità delle azioni messe in atto, ossia, sfondare muri e vetrine dei locali da depredare, con i mezzi precedentemente rubati, con la stessa arroganza di un ariete.


E proprio sul Tirreno cosentino hanno preso via le indagini, precisamente nel Comune di Fuscaldo, quando i carabinieri della locale stazione si sono messi sulle tracce dei ladri dopo un episodio che ha scosso l'intera comunità.

L'origine dell'inchiesta

E' il 29 settembre 2016 quando i proprietari dell'esercizio commerciale "Rosso Zero" di Fuscaldo, trovano la saracinesca sfondata. I ladri nella notte hanno portato via diverse slot machine, apparecchi cambiamonete e refurtiva varia. Le telecamere nei pressi del locale hanno immortalato in quella occasione sei persone con cappello, passamontagna e guanti da cantiere che con la complicità del buio sono arrivati sul posto a bordo di un furgone rubato nel Comune di Acquappesa.

Gli uomini dell'Arma, da qui a poco, sono riusciti a riconoscere e rintracciare alcuni soggetti, fino a che, con l'aiuto dei colleghi del Comando provinciale di Cosenza, hanno ricostruito l'intero gruppo e la mappa dei furti a loro imputabili.

L'unione tra sinti e pluripregiudicati del cosentino

«Non una organizzazione ben strutturata, ma criminali che avendo un dna in comune si sono conosciuti e sono andati d’accordo». Parola del procuratore capo di Paola, Pierpaolo Bruni, che ha rilasciato testuali dichiarazioni durante la conferenza stampa di stamattina. Gli indagati sono italiani e rumeni di etnia Sinti, ma tutti residenti o domiciliati nel Cosentino, fatta eccezione per uno solo dei componenti della banda, che invece risulta residente a Napoli. I nomi: Nelu Bala, 27 anni; Florin Vandan Silaghi, 23 anni; Andrei Cirprian Lacatus, 21 anni; Gratian Angel, 41 anni; Lavinio Giovanni Silaghi, 27 anni; Cosmin Darius Rostas, 23 anni; Cosimo Berlingieri, 35 anni; Giovanni Spataro, 56 anni; Marius Cutitar, 34 anni.

Un contesto piuttosto allarmante

«Per i furti utilizzavano l'uso di mezzi per sfondare gli esercizi commerciali, con conseguente danno all'economia, all'imprenditoria e all'incolumità fisica dei possibili passanti. Le condotte erano molto violente». Lo ribadisce più volte il procuratore Bruni, i furti venivano messi a segno in modo spietato, senza pensare alle ripercussioni. Quando arrivavano sul posto a bordo dei loro mezzi falciavano e buttavano giù ogni cosa. In un caso è stato utilizzato anche uno scuolabus trafugato nel Comune di Belvedere.

Le intercettazioni ambientali

L'attività capillare degli investigatori parte da lontano e non lascia nulla di intentato, ma per ricostruire il cerchio malavitoso, si è potuto fare a meno anche delle intercettazioni telefoniche, basandosi solo su quelle ambientali. Incrociando infatti i tabulati delle celle telefoniche, i 9 soggetti sono stati individuati, a parti alterne, sui luoghi delle rapine insieme agli altri appartenenti al gruppo . «Fondamentali - ha concluso Bruni - sono stati i sistemi di videosorveglianza installati nei pressi dei locali in cui si sono verificati i furti. 

 

 

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