In manette sono finiti Salvatore e Rosario Lo Bianco accusati di avere ucciso l’imprenditore nel 1993. Le indagini sono partite da uno stralcio della maxi inchiesta Rinascita Scott
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Due uomini di Vibo Valentia sono stati arrestati, questa mattina, con l’accusa di omicidio. Un delitto, quello ricostruito dai Ros dei carabinieri, compiuto nel 1993. In manette sono finiti Salvatore Lo Bianco e Rosario Lo Bianco, ai quali è contestato l’uccisione dell’imprenditore Filippo Piccione.
Ai due sono state contestate le aggravanti di aver agito con premeditazione, nonché di aver agito al fine di agevolare l’attività della ‘ndrina Lo Bianco-Barba, quale articolazione territoriale dell’organizzazione mafiosa denominata ‘ndrangheta.
L’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo del comando provinciale di Vibo Valentia, coordinata dalla procura Distrettuale antimafia di Catanzaro, è nata da uno stralcio del procedimento Rinascita – Scott, a seguito del quale, il 19 dicembre 2019, erano state eseguite dall’Arma 334 misure cautelari a carico di altrettanti indagati responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa e altri gravi delitti connessi.
Secondo quanto documentato, l’omicidio sarebbe stato deciso dai vertici della cosca Lo Bianco, attiva nella città di Vibo Valentia, che vollero vendicare la morte del loro congiunto Leoluca Lo Bianco, ucciso, nelle campagne di Vibo Valentia l’1 febbraio 1992. Dalle investigazioni è emerso che i colpi di fucile che causarono la morte di quest’ultimo erano stati esplosi dall’interno di una proprietà di Filippo Piccione, zio fra l’altro del dentista Giancarlo Conocchiella, quest’ultimo rapito e poi ucciso dal clan Candela di Favelloni di Cessaniti.
Filippo Piccione era infatti il fratello di Elisabetta, madre di Giancarlo Conocchiella, il dentista rapito il 18 aprile del 1991 e mai tornato a casa. L’omicidio di Filippo Piccione avvenne giorno di Carnevale. Secondo il racconto del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, all’epoca i due Carmelo Lo Bianco che comandavano in città – “Sicarro” e “Piccinni” (entrambi oggi deceduti) – intendevano incaricare lui e il sodale Francesco Scrugli.
Alla fine – secondo il collaboratore– in sua presenza affidarono il compito ad un loro nipote, «Salvatore Lo Bianco detto “U Gniccu”». Sarebbe stato lui a sparare e a uccidere Piccione. A guidare la moto – dice Mantella – Nicola Lo Bianco, il figlio del boss Carmelo “Sicarro”, poi quest’ultimo vittima a sua volta della lupara bianca nel 1997. Dagli atti di Rinascita Scott”non si ricava il movente ma «che le cose siano andate così mi è stato riferito proprio da Salvatore Lo Bianco e da Nicola Lo Bianco», svela Mantella ai pm della Dda di Catanzaro l’8 giugno del 2016.
Titolare di uno studio che si occupava di relazioni geognostiche e di un’azienda che scavava pozzi artesiani, Piccione aveva subito il taglio di numerose piante d’ulivo circa un anno prima. Tale circostanza, ingenerò all’interno della cosca Lo Bianco, il sospetto di un coinvolgimento dell’imprenditore vibonese, secondo quanto complessivamente ricostruito anche attraverso l’esame delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, costituendo, dunque, la causale dell’efferato omicidio.