Annullata in parte la sentenza in cui l'imputato veniva condananto a 12 anni di carcere per il riconoscimento dell'attenuante della provocazione. In carcere confessò ai genitori di esser pronto ad uccidere ancora
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Dovrà comparire nuovamente in aula Nicolas Sia, 25 anni, attualmente detenuto in carcere e accusato dell'omicidio di Marco Gentile. La prima sezione della Corte d'Appello di Catanzaro ha infatti ordinato la citazione dell'imputato per il prossimo 22 aprile. Nicolas Sia (difeso dall'avvocato Fabrizio Costarella) era stato condannato nel novembre del 2019 alla pena di 12 anni di reclusione per via del riconoscimento dell'attenuante della provocazione. Tuttavia, la sentenza era stata impugnata dalla Procura Generale e poi annullata dalla Corte di Cassazione lo scorso ottobre (relativamenteall'attenuante della provocazione).
I colloqui in carcere
Il sostituto procuratore generale, Raffaela Sforza, assieme all’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello aveva spedito ai giudici della Suprema Corte anche un’informativa della Squadra Mobile di Catanzaro in cui si dà conto di alcuni colloqui intercorsi in carcere a Castrovillari tra Nicolas Sia e i suoi familiari.
I propositi omicidiari
«Lo scorso 23 dicembre 2015, Sia incontrava i propri familiari nella sala colloqui del carcere di Castrovillari – si legge nell’informativa - intrattenendosi in un lungo colloquio che, a parere dell'ufficio scrivente, merita riguardo laddove l'indagato, dapprima era coinvolto dai congiunti a discutere delle ragioni, ormai note, che l'aveva indotto a commettere “l’errore” che gli stava “rovinando la vita”, quindi andava oltre esprimendo il chiaro proposito di ripetere le sue gesta appena uscito dal carcere. In particolare, Sia incalzato dai genitori che gli rimproveravano di avergli taciuto le angherie di cui, a loro dire, il figlio era vittima, replicava loro dicendosi pronto a tornare a Catanzaro “per fare un altro”. Cosa Sia intendesse era palese, anzitutto alla madre che lo ammoniva chiedendogli di recedere da simili propositi asserendo che se le sue intenzioni erano continuare ad uccidere era meglio se restava in galera. La donna era allarmata da quanto le stava dicendo il figlio invitandolo a pentirsi di quanto aveva fatto: “Non esci! Se dici queste cose! Tu ti devi pentire di quello che hai fatto!».
Appello tris
Si torna, dunque, di nuovo in aula per la terza volta. La Corte d'Appello di Catanzaro ha infatti già emesso due sentenze di condanna: la prima nel giugno del 2018 a 16 anni di reclusione in riforma della sentenza di primo grado che lo aveva condannato a 17 anni di carcere. La seconda nel novembre del 2019 in cui - con il riconoscimento dell'attenuante della provocazione - la pena veniva rideterminata in 12 anni. Le parti civili sono rappresentate nel processo dagli avvocati Antonio Lomonaco, Arturo Bova, Antonio Ludovico e Alessio Spadafora.