C’è anche Leone Pangallo, uomo di fiducia del presidente Mario Oliverio, al centro dell’inchiesta condotta dalla compagnia di Reggio Calabria della Guardia di Finanza. Ne dà notizia il Fatto quotidiano che parla di «importi gonfiati di 120mila euro nei lavori di “ristrutturazione ed adeguamento normativo” dell’ospedale di Cosenza che complessivamente ammontavano a oltre 6 milioni di euro».
L’articolo, a firma di Lucio Musolino, racconta di scambio di favori tra imprenditori e pubblici ufficiali, ai quali venivano garantite gratuite ristrutturazioni di case private e traslochi a costo zero da Reggio alla Sicilia coi mezzi della ditta impegnata nei lavori nel presidio ospedaliero “Mariano Santo” di Cosenza. Corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio e frode nelle pubbliche forniture.

 

«Sono queste le accuse contestate dalla Procura del capoluogo calabro – si legge nell’articolo - che, nei giorni scorsi, ha notificato l’avviso di conclusione indagini all’imprenditore Antonio Scopelliti, al direttore dei lavori e membro del consiglio direttivo del “Consorzio Telesio Sts Spa” Leone Pangallo, al responsabile della contabilità del cantiere Eugenio Minniti e al geometra dell’ufficio 6 delle opere marittime per la Calabria e la Sicilia del ministero delle Infrastrutture, Paolo Abagnato».

«Lo stesso avviso – prosegue il Fatto quotidiano - è stato notificato al consorzio “Gico Srl” di cui fa parte l’AS Costruzioni che materialmente ha eseguito i lavori e che, “in concorso morale e materiale” con i pubblici ufficiali, avrebbe violato “gli obblighi contrattuali”. Stando all’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gerardo Dominijanni e dal pm Angelo Gaglioti, “per l’esecuzione dell’appalto venivano forniti vetrocamere per infissi esterni non a norma e pannelli di polistirene estruso non conforme a quello previsto in capitolato”. Ma anche “marmi, stucchi e intonaci di qualità inferiore a quanto previsto contrattualmente, porte non a tenuta stagna, materiali per gli impianti elettrici obsoleti e guaine impermeabilizzanti non calpestabili”».

Gli indagati avrebbero “gonfiato” gli importi da far liquidare all’imprenditore Scopelliti e “far pagare negli stati di avanzamento dei lavori (Sal) per un importo non dovuto di 50mila euro lordi per il Sal XI e 70mila euro per il Sal XII”. Grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, i finanzieri della compagnia di Reggio Calabria sono riusciti a ricostruire i rapporti tra gli indagati.
«In particolare – si legge ancora - il geometra Paolo Abagnato, in servizio al Provveditorato delle Opere marittime per la Calabria e la Sicilia, avrebbe messo a disposizione dell’imprenditore la sua esperienza nel settore dei contratti pubblici. Secondo gli inquirenti, ha prestato la sua consulenza a Scopelliti “nell’ideazione e realizzazione dell’accordo corruttivo”. Accordo che, secondo il pm Gaglioti, sarebbe maturato in tre incontri: due a casa di Eugenio Minniti e uno nell’abitazione di Leone Pangallo, membro del consiglio direttivo del “Consorzio Telesio Sts Spa” e uomo di fiducia del governatore Oliverio (che però è estraneo all’inchiesta, ndr). In qualità di direttore dei lavori e di responsabile della contabilità, entrambi avrebbero dovuto vigilare nell’esecuzione dell’appalto. E, invece, secondo la Procura i due indagati “ricevevano la messa a disposizione da parte di AS Costruzioni”, degli operai di quest’ultima ditta per eseguire gratuitamente lavori edili presso la casa del Minniti, mentre Pangallo ha ricevuto gratuitamente il servizio di trasporto materiali da Reggio Calabria in Sicilia con un della AS Costruzioni”.
Dopo l’avviso di conclusione indagini gli indagati non hanno inteso farsi interrogare e, adesso, la Procura dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio».