È stata confermata anche in Appello la condanna già inflitta dalla Corte dei Conti nel maggio del 2022 nei confronti di Francesco Procopio, in qualità di responsabile dell’ufficio legale dell'Asp di Vibo Valentia e Bruno Calvetta, direttore del settore gestione tecnico patrimoniale della stessa azienda sanitaria, oggi in pensione.

Occupazione abusiva

Il procedimento si origina dalla denuncia di un consigliere regionale, indagine poi delegata alla Guardia di Finanza. Ad entrambi viene contestato un danno erariale derivante dalla occupazione abusiva da parte di privati di cinque immobili - due terreni e tre fabbricati - «che ne hanno beneficiato per lungo tempo, per l’omessa attivazione da parte dell’Asp delle necessarie 
azioni (giudiziarie) finalizzate ad ottenerne il rilascio».

Mancata riscossione dei canoni

Un ulteriore danno viene contestato in relazione alla «locazione di un fabbricato di proprietà dell’azienda sanitaria in assenza della riscossione dei canoni di locazione e dell’intimazione dello sfratto per morosità». In primo grado, Procopio e Calvetta era stati condannati al pagamento del risarcimento del danno nei confronti dell'Asp rispettivamente quantificato in 23.640 euro e 11.820 euro. Condannata anche Alessandra Manasi, in qualità di responsabile dell'ufficio gestione del patrimonio immobiliare al pagamento della somma di 19.700 euro.

L'appello

Francesco Procopio e Bruno Calvetta hanno poi proposto ricorso. Oggi la sentenza della prima sezione giurisdizionale centrale d'Appello che ha confermato la condanna per colpa grave. «Non è revocabile in dubbio la competenza di Calvetta, in merito alla gestione del patrimonio immobiliare e all’amministrazione degli immobili, proprio in quanto direttore dell’unità operativa» si legge nella sentenza emessa dai giudici contabili.

La posizione di Calvetta

«Né può ignorarsi che il medesimo, per il titolo posseduto, potesse quanto meno comprendere la portata degli atti da 
compiere per la corretta gestione degli immobili, che, in concreto si sono limitati a sporadiche richieste, non risolutive, inoltrate all’ufficio legale, che non hanno impedito “lo stallo” della situazione».

La posizione di Procopio

Per quel che riguarda la posizione di Francesco Procopio, i giudici annotano: «Anche la condotta di Procopio, responsabile dell’Ufficio legale dell’ente, è stata caratterizzata da una colposa inerzia. In qualità di legale dell’ente avrebbe dovuto attivarsi per tutelare, a termini di legge, il patrimonio immobiliare, rientrando tra le specifiche competenze del difensore di un ente pubblico, per di più in posizione apicale, il potere di inviare atti a tutela delle ragioni della proprietà, o comunque di delegarlo ad altri, ciò che non si risolve certo in una indebita ingerenza nell’attività degli organi di amministrazione attiva.

Avrebbe poi dovuto fornire consulenze sulle attività da intraprendere, compulsando i vertici aziendali ai fini dell’esercizio delle azioni giudiziarie necessarie al rilascio dei beni, individuando iniziative alternative a fronte della ritenuta difficoltà di intraprendere alcune azioni».

Evitare l'inerzia

«In altri termini - si legge nella sentenza - gli appellanti avrebbero dovuto, in tutti i modi, evitare l’inerzia che ha contraddistinto le loro condotte e che, in ultimo, ha consentito il protrarsi, sine die, della occupazione, ingiustificata, degli immobili dell’azienda sanitaria, alla quale si è posto concreto rimedio solo attraverso l’affidamento dell’incarico legale all’esterno». I giudici hanno accolto parzialmente l'appello proposto da Bruno Calvetta, condannandolo al pagamento di un risarcimento del danno di 11.500 euro mentre per Francesco Procopio è stata confermata la condanna già inflitta in primo grado.

Il commento

Raggiunto telefonicamente da LaC News24, l'avvocato Francesco Procopio ha così commentato la notizia: «Esprimo amarezza per una sentenza che ritengo ingiusta e che contrasta con l'attività da me svolta nel corso degli anni a tutela dell'azienda. Tuttavia, le sentenze si rispettano e, quindi, non posso che prenderne atto».