Lo scontro

«Non vogliamo fare la fine di Ungheria e Polonia, non staremo zitti»: l’affondo del procuratore aggiunto Musolino contro il governo  

Il magistrato reggino critica le scelte dell’esecutivo sulla giustizia: «Sono sovranisti che non rispettano le leggi europee. Nordio commette un grave errore»

di Redazione Cronaca
22 ottobre 2024
12:48
Il segretario di Magistratura democratica Stefano Musolino
Il segretario di Magistratura democratica Stefano Musolino

«Questo è un governo sovranista che non rispetta le leggi europee e punta a zittire la magistratura. Non resteremo in silenzio e difenderemo la nostra autonomia e indipendenza. Non vogliamo fare la fine di Ungheria e Polonia». Così Stefano Musolino, procuratore aggiunto a Reggio Calabria e segretario nazionale di Magistratura democratica, in un'intervista a La Stampa. «È nostro dovere fare moral suasion per spiegare ai cittadini gli interessi in gioco anche in virtù di una certa stampa che non fa giusta informazione ma solo l'interesse del governo, come chi ha pubblicato le email della chat di Anm, documenti riservati che sono stati strumentalizzati», aggiunge.

«Quella frase» di Marco Patarnello «è stata estrapolata da un contesto più ampio e più approfondito dove il collega ribadiva peraltro che noi magistrati “non dobbiamo fare opposizione politica”. Ma queste parole - sottolinea Musolino - non sono state riprese dalla presidente del Consiglio ed è emersa una verità distorta. Non dovrebbe accadere che da un'email si prendano solo alcune frasi e si costruisca una narrazione diversa dal testo completo». Secondo Musolino, «c'è un errore di fondo nell'idea di Meloni in merito ai rapporti istituzionali, lei vuole una magistratura servente. Dovrebbe invece tenere conto della separazione dei poteri garantita dalla Costituzione».


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«Nordio – spiega Musolino in una nota – commette un grave errore, perché non considera che la norma europea è gerarchicamente superiore alla legge ordinaria, sicché questa può essere disapplicata se contrasta con la norma europea. Anzi, non solo il sistema multilivello del diritto prevede la disapplicazione, ma se il giudice non vi ottempera commette un illecito civile». Musolino spiega che «il sistema della disapplicazione del diritto nazionale contrastante con il diritto dell'Unione si è consolidato nella giurisprudenza della Corte di giustizia a partire dalla sentenza del 9 marzo 1978, (causa 106/77, Amministrazione delle finanze dello Stato c. SpA Simmenthal) e costituisce, ormai da quarant'anni, l'indiscusso sistema di tutela dell'efficacia del diritto dell'Unione nello Stato membro. Il diritto dell'Unione è dotato di efficacia diretta nello Stato italiano e, quando sorge un conflitto tra esso e una norma nazionale, anteriore o successiva, il giudice italiano, in qualità di giudice comune europeo, ha l'obbligo di applicare la norma europea e di non applicare quella nazionale. Deve a tal fine verificare che la fonte normativa europea sia chiara, precisa e incondizionata. Ma queste cose il ministro dovrebbe saperle. L'esuberanza di Nordio - termina Musolino - ne esalta la autostima linguistica, a discapito della lucidità giuridica! Il ministro dimentica che vi è un sito dedicato alla traduzione delle sentenze della Cgeu nella lingua del Paese di utilizzo ed è quello che usano tutti i magistrati italiani, in attesa che il Guardasigilli si faccia nominare interprete-traduttore».

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