Al centro dell'attività investigativa, condotta dalla Polizia di Stato, alcuni esponenti della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto e della famiglia Mannolo
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Sono 56 gli indagati nei confronti dei quali la Dda di Catanzaro ha concluso le indagini preliminari nell'ambito dell'inchiesta denominata "Golgota" che lo scorso febbraio ha portato all'esecuzione di 36 misure cautelari in carcere nei confronti di altrettante persone, accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi e munizioni e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
L'inchiesta
L'inchiesta "Golgota" - coordinata dai sostituti procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio - è la costola di altre due indagini sulla criminalità organizzata a Isola Capo Rizzuto: "Jonny" e "Tisifone". Al centro dell'attività investigativa, condotta dalla Polizia di Stato, alcuni esponenti della cosca di 'ndrangheta Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto e della famiglia Mannolo, appartenenti al ceppo dei "pecorari", attivi, in particolare, nel territorio di San Leonardo di Cutro. L'indagine ha unito le risultanze investigative di due distinti filoni che poi, nel corso del tempo, si sono intrecciati consentendo di far luce su un ampio spaccato criminale del territorio della provincia crotonese.
Gli accusati
Sono accusati di associazione mafiosa Salvatore Arena, Martino Tarasi, Antonio Sestito, Giovanni Greco e Giuseppe Timpa, tutti facenti parte, secondo quanto é emerso dall'inchiesta della Dda, del "locale" di Isola Capo Rizzuto, ognuno con un proprio ruolo ben definito. Promotore e organizzatore dell'organizzazione criminale è considerato Salvatore Arena, appartenente all'articolazione degli Arena ceppo dei Cicala, figlio di Carmine Arena e nipote del capo storico della cosca, Nicola Arena, di 74 anni. Salvatore Arena, secondo l'accusa, impartiva ai sodali le direttive strategiche e operative per il funzionamento del "locale". Martino Tarasi è tra gli organizzatori del "locale", alle dirette dipendenze di Arena, con il compito di sostenere la famiglia di Salvatore Cappa, detenuto per l'operazione "Aemilia", sia attraverso il pagamento delle spese legali che acquisendo immobili a Cutro appartenenti allo stesso Cappa e sottoposti a esecuzione immobiliare, al fine di assicurargli il rientro in possesso dei suoi beni.
Tarasi é accusato anche di essere dedito alla detenzione di armi e al traffico di stupefacenti tra Isola e la provincia di Bergamo. Antonio Sestito è considerato un organizzatore, facente capo alle famiglie Arena e Gentile, uomo di fiducia di Tommaso Gentile con il quale imponeva slot machine ai locali pubblici di Isola Capo Rizzuto. Sestito, secondo l'accusa, aveva un ruolo chiave nelle estorsioni da mettere in atto nel territorio di Isola, compresa l'imposizione ai commercianti dei grossisti ai quali fare riferimento. Giovanni Greco è considerato un uomo di fiducia di Antonio Sestito, partecipe dell'associazione facente capo alle famiglie Arena e Gentile. Si era sottoposto ai riti di affiliazione per l'ottenimento della "terza dote" prevista dal cursus honorum della 'ndrangheta.
Giuseppe Timpa, considerato anche lui uomo di fiducia di Sestito, è accusato di essere dedito alle estorsioni, al controllo delle slot machine ed alla commissione di danneggiamenti. La complessiva attività investigativa ha consentito inoltre di accertare l'operatività di diverse associazioni sul territorio crotonese nel traffico di sostanze stupefacenti, con la movimentazione di decine di chili di droga in tutta Italia, e di delineare un vero e proprio spaccato di "storia criminale" degli ultimi anni della provincia di Crotone, caratterizzata da alleanze, rivalità e cambi di strategie.